Il popolo è solo collera? La colère, la collera è stata protagonista del discorso (e delle successive scelte) del presidente francese Macron, impegnato a cercare una trattativa con le proteste dei cosiddetti gilet gialli, quegli affari che indossati in certe situazioni dovrebbero servire per la sicurezza e invece sono divenuti simbolo di insicurezza sociale, rivolta, disordine. Nel suo intervento, il capo dell’Eliseo ha detto di sapere che la collera scoppia per cose ben comprensibili: fatica di arrivare alla fine del mese, solitudine di fronte ai problemi... Analisi giuste a cui il suo Governo prova a dare risposta. Ma ha pure aggiunto che tale collera ha radici profonde. Giusto, ma quanto profonde? Se ne rendono conto i politici, gli intellettuali e i giornalisti che su quella collera soffiano, o strumentalizzano in diverse direzioni?
Spostiamo la scena da Parigi a Rimini qualche anno fa. E facciamo una riflessione non immediatamente politica. Alla domanda rivolta a duecento ragazzi: 'Ditemi il nome di un uomo per voi libero?', tutti loro opposero il silenzio di chi considera ogni persona, compresi se stessi, come schiavi. Libertà impossibile, libertà finta, solo ridotta a gioco di bassa lega tra sesso e moda e droga (le cose di cui parla, e canta, Sfera Ebbasta, robetta a cui i genitori sventuratamente accompagnano i figli). Desiderio di libertà che si infrange in malacopie e piccole consolazioni da schiavi. Gli schiavi, si sa, abbisognano del necessario per produrre, e magari qualche droga nel giorno di riposo per non pensare. Siamo così lontani? Un popolo di schiavi in cui monta la collera: sono solo questi i 'popoli' spesso invocati come nuovo soggetto sociale e politico? Collera e risentimento? Ma perché mai si sentono schiavi? Per colpa di una tassa, forse pure ingiusta, o essa è solo il detonatore di qualcosa di più profondo?
Le scene di Parigi, la collera come protagonista, noi in Italia, la conosciamo bene, è stata coltivata da anni, da politici e media. A differenza di quanto si dice con strani paragoni secondo cui i francesi sarebbero 'bravi' a esprimere la loro rabbia e noi invece, non andremmo in piazza (il direttore di questo giornale ha già ricordato che non è esattamente così...) , forse vale la pena ricordare che è da 25 anni che si solletica la collera del popolo con operazioni di potere dette 'mani pulite' o 'vaffaday' o 'piazze pulite' politiche e mediatiche. Non ci si può stupire se una generazione intera tirata su a rabbia poi vi si identifichi e veda nella collera la sua unica o principale espressione. Le responsabilità sono tante in campi educativo, culturale, mediatico e politico. E oggi la peggior colpa educativa e culturale, quindi gravissima, sarebbe non leggere in fondo a questa collera cosa si cela. Qualcosa di grave, di sordo. L’effetto di una grande menzogna intorno a cosa sia la vera libertà.
Questa menzogna ha fatto crescere un popolo che sente oscuramente di esser schiavo anche se non ha ceppi ai polsi o funzionari che controllano la posta o spie dichiarate che impediscono l’espressione. Questo popolo europeo, postmoderno, postnovecentesco, sente oscuramente, come un ragazzino a cui mancano parole e categorie per esprimerlo, di esser ridotto a schiavo e persino privato dell’ideale di una possibile libertà. Si sente soffocare in una vita che prima i suoi intellettuali, poi i media e politici gli disegnano intorno come una cella. E allora si agita, spacca, offende, grida, chiede disordinatamente qualcosa che non sa più nemmeno cosa sia. Alla politica il compito di non aizzare, ma alla cultura e alla educazione quello di riconoscere e far riconoscere cosa è la autentica libertà.