Più sono giovani, i figli, più vanno seguiti, aiutati, protetti. Più hanno diritto ad accedere alla scuola dove si impara a individuare ed evitare le trappole più insidiose che troveranno nel cammino della vita, per non rimanerne prigionieri. Per essere veramente liberi. Giovane vuol dire spensieratezza, relazioni, scuola, futuro. Vita che si va lentamente dipanando. Hanno bisogno di essere indirizzati, custoditi, i giovani. Come gli agnellini necessitano di tanti pastori, i primi dei quali sono gli stessi genitori. Non sempre accade. Non sempre i ruoli vengono rispettati. Non sempre chi è nato prima mantiene la parola data, gli impegni presi, e si pone a servizio di chi è venuto dopo. Anzi, non di rado, accade il contrario.
Come nel caso di Jessica Malaj. Ha solo sedici anni, questa bella studentessa liceale di origine albanese. Vive con i genitori a Torremaggiore, nel Foggiano. Suo padre, purtroppo, sospetta di essere tradito da sua moglie. Sarà vero? Se sì, dovrebbe avere il coraggio di chiedersi “perché?”. E capire se ci sono le condizioni per riprendere il cammino insieme o mettere, civilmente, fine a una relazione che si è andata deteriorando. Se no, bisogna fare molta attenzione, vuol dire che fantasmi senza testa si aggirano nei dintorni. La gelosia è tra le più feroci delle bestie che incatenano e divorano gli uomini. Riesce a spodestarli da se stessi, a farli barcollare. Li convince di cose inesistenti, isolandoli in un mondo immaginario. Fa loro interpretare parole, segni, gesti del tutto innocui come le prove più evidenti del tradimento maledetto. Incapace di dialogare, riflettere, chiedere e donare perdono, la persona gelosa inizia a imboccare sentieri scoscesi, ripidi, pericolosi, che corrono verso il precipizio.
Aveva solo sedici anni, Jessica, gli anni dei primi appuntamenti, dei primi baci, dei primi amori. Del desiderio di guardare al futuro insieme al coetaneo che le fa battere il cuore. È un’età delicata e bella, la sua. Avrebbe bisogno di essere guidata, ascoltata, aiutata. Invece. È lei l’ago della bilancia nella vita dei genitori. Fino all’altra notte. Fino a quando suo padre, reso cieco e sordo dalla gelosia, si scaglia contro Massimo De Santis, il suo “rivale” e lo uccide a coltellate. La sete di vendetta, però, non è stata soddisfatta. Dopo il presunto amante è la volta di sua moglie. Anch’ella deve morire. Quale demone è stato capace di convincere gli uomini gelosi che potranno ritornare a vivere sereni solo dopo aver eliminata la persona che dicono o credono di amare? Non lo so. So soltanto che agisce sempre allo stesso modo. Prima acceca il malcapitato, poi ne fa un assassino, infine – ironico, beffardo – gli strappa la benda dagli occhi e gli lascia vedere lo scempio compiuto. Eccolo, Taulant Malaj, scagliarsi questa volta contro sua moglie. Ma accade qualcosa d’inaspettato. Sua figlia le fa da scudo. S’interpone tra la sua mamma e il suo babbo. E rimane uccisa. Piccola, grande donna. Sangue. Tanto sangue. Sangue del proprio sangue, versato dal pastore che si è fatto lupo rapace. Adesso per l’uomo col coltello, si aprono le porte del carcere. Adesso, ne sono certo, smaltita la sbornia della miscela esplosiva gelosia-odio-vendetta, lentamente, riprende a ragionare. La scena dell’orrore gli causa tanto male che fa fatica perfino a ricordare. La sua mente confusa gli lascia solo scorgere piccoli spiragli. Poi tutto è buio. Adesso, in cuor suo, vorrebbe ritornare indietro.
Ma indietro non si torna. Adesso è costretto a fare i conti con un passato che non vuol passare e un futuro difficile da intravedere. Che peccato. Che inutile, orribile, drammatico sciupìo di vite. Se solo gli uomini imparassero a riconoscere il male fin dal suo primo apparire per metterlo in fuga, quanto dolore risparmierebbero a se stessi, alle loro famiglie, all’intera umanità. Addio, Jessica. Addio, dolce eroina del nostro tempo.