Ho scelto, per questa domenica di Pentecoste, due lettere che mi sembrano capaci di accompagnare la determinazione e la fatica con cui ancora cerchiamo – da qualche giorno con fiducia crescente e quasi con senso di liberazione – lo spirito, le parole e le strade giuste per uscire dal tempo complicato della pandemia e per affrontarne le gravi conseguenze. Spirito forte e semplicemente di amore, strade su cui camminare insieme, parole che tutti possano comprendere e che davvero ci aiutino a capire e a capirci tra di noi. E ho deciso di lasciare quasi tutto lo spazio di questo dialogo a don Luigi, sacerdote dell’Opera don Calabria e oggi viceparroco a Roma, e alla maestra Manuela, in pensione ma niente affatto al margine dell’impegno educativo che tutti ci riguarda. L’uno e l’altra – con la loro competenza di anime e intelligenze, degli altri e di Dio – mostrano che cosa significhi esercitare uno "sguardo integrale" sulla vita e sulle relazioni che alla vita danno senso. Ho sempre più chiaro che si attraversa e supera soltanto così la sofferenza, che è parte ineliminabile della nostra umana esperienza. E solo così si organizza la speranza, che per noi cristiani non è un vago sentimento individuale (e individualista), ma una concreta esperienza e una solida e comunitaria trasmissione di sapienza. Quella che non "sentenzia", ma cambia le cose e le fa nuove realizzando, con pazienza e rispetto, il bene che c’è in ognuno. E Dio sa quanto abbiamo bisogno di questo fuoco che non distrugge e accende e illumina.
Gentile direttore,
come ex insegnante di scuola primaria ho apprezzato la decisione del Governo di proporre attività educative durante l’estate per consentire ai ragazzi il recupero di socialità e rafforzare gli apprendimenti dopo la fase acuta della pandemia e il lungo e purtroppo generalizzato blocco dell’attività didattica "in presenza". Mi auguro che tutto ciò avvenga anche con il coinvolgimento delle associazioni che conoscono bene il territorio e spesso hanno già promosso negli anni scorsi attività di questo tipo. Poiché abito in Brianza, è ovvio per me richiamare l’esperienza degli Oratori estivi che da decenni offrono ai bambini e ai ragazzi uno spazio educativo in cui sviluppare una serie di attività, ma soprattutto prevedono il coinvolgimento dei ragazzi delle superiori in qualità di animatori. Mi sembra importante che si valorizzi questa chiamata alla responsabilità, così i ragazzi non si percepiscono solo come destinatari, magari passivi, di attività più o meno interessanti, ma finalmente si sentono membri attivi della società, in grado di dare un contributo apprezzato dai bambini e dagli adulti.
Come docente che si è occupata prevalentemente di insegnamento della matematica, mi permetto, inoltre, un’osservazione: nel piano (secondo quanto si è letto sui giornali) si parla di laboratori e attività educative inerenti a musica, arte, sport, digitale ma anche di percorsi su legalità e sostenibilità. Come sempre – mi consenta una punta di polemica – italiano e matematica non sono previste. Si pensa che siano troppo noiose? Che la scuola è una cosa, la vita un’altra? Che queste discipline sono utili, ma non interessanti? Eppure è possibile proporre laboratori interessanti e divertenti anche per queste altre discipline. È possibile, posso assicurarlo, organizzare un laboratorio di matematica con giochi e attività pratiche che favoriscano la socialità; solo due esempi delle ricadute educative: giocare e/o inventare giochi richiede la formulazione e il rispetto delle regole; andare alla scoperta di come si fanno i calcoli in altre parti del mondo genera curiosità e rispetto per le altre culture. Infine, non dimentichiamo che in matematica se il tuo avversario dimostra la validità di ciò che sostiene, devi ammettere che ha ragione, anche se è antipatico, di un altro colore o straniero... È una bella educazione all’onestà intellettuale e al rispetto delle persone. Mi rendo conto che il nostro Paese ha problemi più gravi di quello che ho posto io, ma a scuola anche una piccola scelta contribuisce a formare buoni cittadini. La ringrazio per l’attenzione e per il suo prezioso lavoro.
Manuela Fossati
Caro direttore,
sono un sacerdote di 72 anni, e mi sento "onorato" di aver potuto condividere almeno il fastidio (non oso chiamarla sofferenza) con tutti i malati di Covid-19 del mondo intero. Sono stato solo nella mia stanza, ma avendo il dono grande di far parte di una bellissima comunità religiosa, pur con il necessario distanziamento fisico, non mi sono mai sentito solo, e non mi è mancato nulla. E così han fatto i parrocchiani di Primavalle, a Roma, di cui sono vice parroco. Vorrei dare una piccola, insignificante testimonianza. Ho avuto più tempo di pregare e ho chiesto al Signore di dare conforto a quelli che sono in grande sofferenza a causa del Covid. Le famiglie provate dal lutto o dalla perdita del lavoro. Gli anziani costretti a stare da soli, fisicamente e spesso moralmente, perché non hanno nessuno. I ragazzi pieni di vita, costretti a contenerla dentro le quattro mura della loro casa, sfogandosi davanti a uno schermo digitale.
Tutto questo mi rattrista; tuttavia mi dà anche tanta fiducia. Penso anch’io – come già scritto da molte vostre "firme" – all’eroismo del personale sanitario e di tutte le altre categorie di servizio pubblico, che vanno ben oltre gli orari di servizio. Penso ai sacerdoti che non hanno mai smesso di stare vicini alle persone loro affidate. Penso ai volontari (un bel numero anche nella nostra parrocchia) che hanno fatto scaturire il meglio di se stessi... Penso ai malati, che hanno dato un bellissimo esempio di pazienza e di fede. E penso a tutte le altre infinite bellissime realtà che neppure in quest’anno così complicato sono venute meno. Tutto questo c’è stato nel "famigerato" 2020 e in questa prima parte del 2021. Non è motivo sufficiente per benedire questo tempo "maledetto"? Mi viene sempre in mente, e la cito spesso, la parola di Paolo (Romani 8,28): «Tutto concorre al bene per quelli che amano Dio», e – aggiungo – per quelli che si lasciano coinvolgere dall’Amore di Dio. Allora, caro direttore, non dimentichiamo questo tempo vissuto e patito. Ricordarlo ci farà bene: è un grande maestro di vita. E ci aiuterà a essere migliori.
don Luigi Bortolazzi