Ci piacerebbe fermarli uno a uno i giovani, che oggi si ritroveranno nelle diocesi di tutto il mondo per celebrare la 36ª Giornata mondiale della gioventù (Gmg), per chiedere loro cosa hanno visto i loro occhi in questi ultimi due anni. Sarebbe bello stare lì assieme a loro e farsi raccontare come hanno vissuto questo tempo pandemico, così terribile ma anche così incredibilmente pieno di umanità e così vicino al cuore della vita. Chissà, forse ne usciremmo sorpresi, spiazzati dalla capacità delle nuove generazioni di cogliere il futuro anche davanti al prepotente imporsi dei nostri limiti di creature.
E papa Francesco nel suo messaggio per la Gmg 2021, ci ricorda proprio questo: nel buio sono sempre i più piccoli, i giovani, a cogliere le scintille di luce della speranza. Anche se poi spetta agli adulti credere in loro e aiutarli a trasformare quei vacui lapilli in fuochi ardenti. Il tema di questa Giornata, 'Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto!' (cfr. At 26,16), è un potente invito rivolto alle nuove generazioni a narrare l’immensità di quello che hanno vissuto in questo tempo. Di testimoniare non solo ciò che hanno visto i loro occhi, ma anche ciò che il loro cuore ha colto nei piccoli grandi gesti di amore, di solidarietà, di giustizia, di cura, che spesso hanno animato i recessi della quotidianità più lontani dai flussi mainstream dei grandi media. La Gmg è il momento giusto per farlo: essa conserva da sempre il sapore della festa, la bellezza dello stare insieme in allegria, ma ora queste generazioni chiedono alla Chiesa che l’appuntamento odierno diventi anche spazio privilegiato per ascoltarli e dare loro le risposte che cercano. Questi giovani oggi si presentano più forzatamente maturi, ma anche più meravigliosamente fragili e la Chiesa ha il dovere di accogliere i loro sussulti di vita, i loro punti di domanda, le loro decise opposizioni. In questo senso la solennità liturgica all’interno della quale si è deciso di celebrare la giornata dei giovani offre una risposta definitiva ma anche aperta al futuro. Oggi, infatti, la liturgia mostra in Gesù Cristo il re dell’universo: il titolo può suonare antico, coniato in un momento storico in cui le ideologie politiche sembravano diventare orizzonti esistenziali assoluti, ma conserva tutta la sua profezia.
Se Cristo è il re, allora governa, ma non stando seduto sul trono, bensì facendosi carico di tutti i pesi che l’umanità sente sulle spalle. In inglese si direbbe 'Jesus rules', che non significa solo 'Gesù comanda', ma anche 'Gesù primeggia', s’impone per essere il più grande. Un’espressione che nel gergo giovanile, però, potrebbe essere tradotto in 'Gesù spacca', 'Gesù va forte'. E se Gesù è 'cool' è solo perché ha dato tutto se stesso, senza secondi fini, senza nascondersi dietro ai paroloni, ma esponendosi - e pagando - in prima persona. Detto in termini teologici: è Gesù l’unico vero redentore dell’umanità, come ha spiegato papa Francesco quando ha annunciato lo spostamento della Gmg nelle diocesi dalla Domenica delle Palme, dove l’aveva collocata Giovanni Paolo II, alla domenica di Cristo Re. D’altra parte alle Palme Gesù fu accolto a Gerusalemme proprio come un re e chiudere l’anno liturgico con la solennità odierna significa che tutta la storia ha senso solo in lui, nel suo modo di vivere la vita. Questo è sempre stato l’affascinante messaggio della Gmg, un annuncio che conserva la sua forza indipendentemente dalla data in cui essa viene celebrata.