Caro direttore,
personalmente ritengo che l’intervento del cardinale Bagnasco sul presidente del Senato per ottenere il voto segreto sui punti più controversi della legge sulle unioni civili costituisca una «ingerenza» della Chiesa nelle vicende italiane, in violazione del Concordato. Poiché però la Cei riafferma il diritto di rivolgersi ai cattolici italiani per richiamarli ai precetti della Chiesa, mi chiedo – e chiedo al suo giornale – perché i vescovi non si impegnino con lo stesso vigore per sbloccare due leggi certamente in linea con quei precetti. La prima è la legge che introduce in Italia il reato di tortura. Approvata alla Camera, essa è ferma al Senato da quasi un anno. Non sono bastati alla sua approvazione definitiva né le vicende del G8 di Genova né il massacro di Stefano Cucchi né i continui richiami dell’Europa per le vergognose condizioni delle nostre carceri. La seconda è la legge contro l’omofobia, ferma anch’essa al Senato, in questo caso da oltre due anni. Eppure siamo nell’anno del Giubileo straordinario dedicato alla “misericordia”. Perché il Pontefice – che ha voluto fortemente questo Giubileo e al quale non mancano certo le tribune da cui lanciare un appello, come quello di oggi sulla moratoria per la pena di morte – non fa questo gesto, appunto, di misericordia. E se non ora, quando? Grazie e cordiali saluti
Carlo Troilo - Associazione Luca Coscioni
Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, caro Troilo. E ci conosciamo abbastanza per convenire che premessa al dialogo e al confronto su un qualsiasi fatto dovrebbe almeno essere una visione oggettiva e comune di un avvenimento o di una dichiarazione. Riguardo all’incipit della sua lettera, temo proprio che non sia così. Il presidente della Cei, infatti, non ha compiuto alcun «intervento» sul presidente del Senato per «ottenere il voto segreto», ma – interrogato da alcuni cronisti, nella città, Genova, di cui è vescovo – ha semplicemente espresso una motivata opinione sul valore della libertà di coscienza dei parlamentari di fronte a ipotesi di limitare drasticamente questo spazio che Costituzione della Repubblica alla mano (art.67) dovrebbe essere intangibile, e soprattutto nel corso di votazioni su temi – in questo caso persona umana, genitorialità, famiglia e altre formazioni sociali – universalmente riconosciuti come eticamente sensibili. Penso che abbia fatto comodo, da un punto di vista politico, in quel frangente (in cui più di un partito e lo stesso governo rischiavano di infilarsi in un vicolo cieco in Senato e al cospetto dell’opinione pubblica) imbastire una smodata polemica sulle affermazioni del cardinal Bagnasco, inventando addirittura un “diktat procedurale” a un ramo del Parlamento. Esagerazioni deliberate e, certo, calcolate che colpiscono, ma che – purtroppo – sono qualcosa di non nuovo e di molto, molto “italiano” secondo il pessimo andazzo degli ultimi due decenni. Per intenderci quell’andazzo illiberale e censorio costantemente incentivato da chi, di fatto, teorizza un’inconcepibile riduzione del diritto di parola, e dunque di cittadinanza, dei vescovi e degli stessi credenti.
Quanto ai due progetti di legge che lei, caro Troilo, vorrebbe “sbloccati” nel loro iter, le posso confermare volentieri, per quel che vale, la mia opinione. Riguardo alla previsione di un reato di tortura, con norme seriamente garantiste, sono favorevole nella consapevolezza di essere cittadino di un Paese civile e democratico che, già oggi, non pratica e non tollera la tortura, ma che ha conosciuto casi di violenza ingiustificabile assimilabile alla tortura come quello, da lei richiamato, di Stefano Cucchi. Casi che, per questo, sono al centro di processi importanti e rigorosi. Sono, invece, favorevole a sanzionare i comportamenti omofobi, come qualsiasi altra ingiusta discriminazione, ma contrario al reato specifico di omofobia così come è previsto nella proposta di legge Scalfarotto che considero mal congegnata e liberticida. Apprezzo infine molto che il Papa rivolgendosi a tutti inviti a gesti e scelte in grado di costruire giustizia e solidarietà, ma non intenda «immischiarsi» nelle questioni legislative italiane e di qualunque altro Paese. E condivido che i vescovi italiani richiamino, con passione cristiana e civile, i grandi valori e le prioritarie questioni che stanno al centro dell’umanesimo cristiano e danno forza alla dottrina sociale della Chiesa, ma non dettino specifici provvedimenti chiamando piuttosto i laici cattolici a dare gambe alle giuste idee assieme ad altri uomini e donne di buona volontà. Vuol essere proprio lei, caro Troilo, a suggerire qualche «ingerenza»? Ricambio il suo cordiale saluto.