Capita di rado che a un diplomatico italiano venga affidata la presidenza di una conferenza internazionale nel settore del disarmo o della non proliferazione. La scarsezza delle risorse finanziarie della Farnesina e le poche risorse umane destinate all’arms control non consentono al nostro Paese di profilarsi in tale campo. È quindi significativo che sia stata affidata all’ambasciatore Leonardo Bencini, rappresentante permanente presso la Conferenza del Disarmo di Ginevra la presidenza della quinquennale Conferenza di riesame della Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche (Bwc) che si è conclusa nella città elvetica il 16 dicembre. Ancora più significativo, visto il presente clima di tensione, è che egli sia riuscito a far adottare dalla Conferenza un documento finale condiviso. Ciò è in tanto più rilevante in quanto si tratta della prima conferenza biologica che si è tenuta dopo lo scoppio di una pandemia (da coronavirus) di cui è stata evocata, ma mai comprovata, una possibile provenienza da un laboratorio militare. Ancora più controversa politicamente è stata l’affermazione russa in varie sedi internazionali – anch’essa mai comprovata – secondo cui l’Ucraina possiederebbe o produrrebbe armi biologiche. La questione è delicatissima, poiché stando alla dottrina nucleare del Cremlino, un attacco biologico contro la Russia consentirebbe a quest’ultima di rispondere con armi nucleari.
All'indomani della Prima guerra mondiale fu concluso a Ginevra un Protocollo che vietava l'uso delle armi chimiche ampiamente utilizzate durante tale conflitto. Nella proibizione furono incluse anche le allora meno conosciute armi biologiche. Il divieto, motivato principalmente da considerazioni umanitarie, si riferiva solo all'impiego in guerra ma non al possesso di tale armamento. Le armi biologiche furono poi le prime a essere totalmente proibite attraverso la Convenzione sulle armi biologiche stipulata a Ginevra nel 1972 con cui gli Stati si impegnarono «a non sviluppare, produrre, accumulare o altrimenti acquisire» armi biologiche e a distruggere tutte le armi in loro possesso.
Si dovette invece attendere fino al 1993 per giungere a un divieto totale delle armi chimiche attraverso un’apposita Convenzione (Chemical Weapons Convention- Cwc). Per applicarla fu anche istituita all’Aja una solida Organizzazione internazionale permanente (Opcw) con centinaia di dipendenti, un articolato meccanismo di verifica e una schiera di ispettori. La Convenzione biologica non dispone di analoghe strutture e per applicarla può contare solo su una piccola e precaria unità (Implementation Support Unit-Isu) che è finanziata principalmente dall'Unione Europea. Manca soprattutto una capacità di verifica. Nel 2002 fu silurata dagli Usa (amministrazione Bush junior) l’iniziativa di dotare anche la Convenzione biologica di un meccanismo di verifica.
Le quinquennali conferenze di riesame, come quella a presidenza italiana appena conclusasi, rimangono lo strumento giuridico più importante per vigilare sull’applicazione di una Convenzione che è stata ratificata da ben 183 Paesi. Mancano però all’appello soprattutto le nazioni di un’area strategica come quella medio orientale (Israele, Egitto e Siria). Permangono anche incertezze sull’effettiva applicazione della Convenzione da parte di Paesi che vi hanno aderito. Tra i detentori di grandi arsenali, per esempio, gli Usa rendono pubblico periodicamente un «compliance report» sull’effettiva applicazione, ma sarebbe opportuno che tali dati fossero corroborati da un organismo multilaterale.
Il clima in cui la presidenza italiana ha dovuto destreggiarsi è stato quanto mai acceso a causa in particolare dell’ostruzionismo della delegazione russa. È stato necessario un lavoro preparatorio di mesi per costruire il consenso attorno al documento finale che costituirà ora il termine di riferimento centrale per i lavori del prossimo quinquennio. Sulla proibizione delle armi biologiche, a differenza di quelle nucleari, vige in seno alla Ue una fondamentale convergenza e l’Unione ne è il maggiore sostenitore a livello internazionale. Forte dell’impulso della presidenza italiana, i Ventisette dovranno rimanere compatti nel perseguire obiettivi quali l’universalizzazione della Convenzione e l’accertamento della sua effettiva applicazione onde escludere totalmente il possibile impiego delle odiose armi biologiche.
Ambasciatore, già presidente della Conferenza del Disarmo a Ginevra