«Abbiamo riavviato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali»: le parole con cui il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha annunciato il suo personale 'regalo' al Pride hanno inizialmente ingenerato qualche confusione. Infatti, i figli nati «in Italia» per iniziativa – e giocoforza non 'da' – coppie omogenitoriali sono solo i figli di donne unite con altre donne. I figli delle coppie di uomini nascono in Canada, in California o in altre nazioni mete di turismo procreativo, ma in Italia no perché il nostro Paese, così come la stragrandissima maggioranza dei Paesi del mondo – nei fatti si tratta già quasi di un reato universale – vieta e punisce il ricorso a utero in affitto. Si è comunque capito a breve giro che la decisione del sindaco di Milano riguarderà anche i bambini nati da gestazione per altri.
La legge 40 che regola la materia non si presta a equivoci e punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600mila a un milione di euro non soltanto chi realizza ma anche chi 'pubblicizza' la gestazione per altri. Non meno nette le successive sentenze, a cominciare da quella della Corte costituzionale (272/2017), relatore Giuliano Amato, che rafforza il divieto definendo l’utero in affitto «una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». Un’altra sentenza del 2019, stavolta della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha ribadito che a tutela dell’ordine pubblico e soprattutto del diritto del minore alla verità sulle proprie origini non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero che af- ferma il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero da maternità surrogata e un soggetto italiano che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico. La stessa sentenza indica come possibile strada per il/la partner del padre biologico l’istituto dell’adozione in casi particolari.
Di questo istituto si è detto che il procedimento è spesso molto lento, e soprattutto che non istituisce legami giuridici tra l’adottato e i parenti dell’adottante: problematica però superata da un’ulteriore sentenza costituzionale (marzo 2022), che pur ribadendo l’assoluto disvalore costituito dalla maternità surrogata e l’impossibilità di una trascrizione 'automatica' dell’atto di nascita, riconosce detti legami giuridici e invita il Parlamento a legiferare sullo status filiationis di questi bambini.
Il Parlamento al momento non ha legiferato, e in forza di questo il sindaco Sala ha ritenuto di dover fare 'la sua parte'. Ma può essere questa definita 'la sua parte'? L’anagrafe è competenza dello Stato centrale e i riferimenti per gli amministratori locali, anche quelli che abbiano ambizioni nazionali, sono necessariamente la legge dello Stato e le sentenze. E come abbiamo visto oggi sia la legge sia le sentenze indicano l’adozione come unica strada per il 'genitore intenzionale', oltre a ribadire il fermo giudizio negativo sulla gestazione per altri.
La trascrizione automatica di questi atti di nascita realizzati all’estero sembra dunque aggirare le norme attualmente in vigore a livello nazionale: in sostanza il 'regalo' del sindaco Sala al Pride non sembrerebbe essere nelle sue disponibilità, e non può presumere di interpretare la volontà della maggioranza dei cittadini che può essere rappresentata solo dal legislatore. Soprattutto quel 'regalo' rimuove di fatto il principale disincentivo per chi valuti di ricorrere a questa pratica, quindi si distanzia dal giudizio negativo sul 'disvalore' utero in affitto espresso dalla legge e invariabilmente ribadito dalle sentenze.
Ma i bambini? Questo l’argomento principe di chi sostiene la trascrizione automatica di questi atti di nascita. Quei bambini godranno dei diritti garantiti a ogni altro bambino, dal pediatra alla scuola, e potranno 'godere' anche del secondo genitore che li adotterà. Ma non godranno mai del prioritario diritto, essendo oggetti di un contratto commerciale tra ricchi committenti e donne in stato di bisogno, a non essere separati dalla madre che li ha appena dati alla luce, pilastro insostituibile di quello che viene definito superiore interesse del minore (best interest). Quella ferita, procurata con un atto di compravendita, non si sanerà mai. In una prospettiva di riduzione del danno per i bambini la pratica dell’utero in affitto va dunque in ogni modo disincentivata – come avviene, meglio ribadirlo, nella stragrandissima parte del mondo tranne una ventina di nazioni su 206 – e non va agevolata con atti amministrativi.
Un’ultima notazione di qualche significato. Una donna che dà alla luce un bambino – mater semper certa – è tenuta a dichiarare il vero sulla paternità del suo bambino (se la donna è sposata, a meno di un disconoscimento esplicito, la paternità è attribuita in automatico al marito). Nel caso di falsa dichiarazione quella madre, se scoperta, viene perseguita proprio in forza del superiore interesse del minore alla verità sulle proprie origini oltre che per ragioni di ordine pubblico. Le coppie cosiddette omogenitoriali avrebbero dunque licenza di dichiarare palesemente il falso in atto pubblico – di più: l’impossibile – indicando un secondo padre o una seconda madre senza essere perseguiti. Ma l’art. 3 della Costituzione ci dichiara uguali davanti alla legge: è possibile fondare una diseguaglianza sulla base dell’orientamento sessuale?