Era sempre il primo a presentarsi in redazione e l’ultimo a uscire a notte già alta. Poi, spesso, arrivavano le sue telefonate al responsabile del turno serale. Dall’auto chiamava per un ulteriore controllo, per fugare un dubbio tardivo. Perché non smetteva di pensare al lavoro fatto e a quello da svolgere. Ma era uno scrupolo quasi sempre eccessivo: le pagine che aveva curato risultavano impeccabili. Sia per la scelta delle notizie, sia per la cura con la quale erano realizzate. Un giornalista di straordinaria affidabilità Tiziano Resca, scomparso stamattina dopo una lunga lotta con il cancro. La sua qualità professionale migliore, insieme alla generosità, è merce sempre più rara ai nostri giorni, caratterizzati da tante imprecisioni e da tante azzardate improvvisazioni. Ci avrebbe detto: stiamo cauti nel dare favorita Hillary Clinton. E avrebbe avuto ancora una volta ragione.
Nato nel 1950 a Voghera, aveva cominciato alla "Provincia Pavese" e poi alla "Gazzetta del Popolo", gloriosa testata torinese, dove aveva incrociato e condiviso la passione di cronista con altri giovani promettenti, come il futuro direttore di "Repubblica" Ezio Mauro, per qualche tempo suo vicino di scrivania. Vicedirettore di "Avvenire" dal 2008 al 2011, quando aveva lasciato perché il suo fisico forte cominciava a mandargli segnali poco rassicuranti, al quotidiano cattolico Resca aveva lavorato in una prima fase dal 1977 al 1981. Successivamente era stato con Indro Montanelli al "Giornale" fino al 1994, per poi vivere da protagonista la breve ma intensa stagione della "Voce". Quindi, il ritorno ad "Avvenire", di cui viveva profondamente l’ispirazione di servizio e di ricerca della verità, sotto le direzioni di Dino Boffo e di Marco Tarquinio. Un collega dalla profonda umanità, sempre pronto ad aiutare, stimolare e sostenere.
Per nulla amante della ribalta, è stato, come si dice in gergo, "un uomo di macchina" eccezionale, che raramente si faceva convincere a esporre la propria firma. Sapeva che i giornali sono fatti dai reporter, dagli inviati e dai commentatori, ma anche da coloro che coordinano e danno un senso al lavoro di tutti. E che aggiustano, correggono, sistemano con un’attenzione e un’abilità artigianali. Il suo "fiuto" difficilmente sbagliava. Basti un caso tra i tanti. Nella tarda serata dell’11 novembre 2006 arriva nelle redazioni la notizia della strage di Erba: 4 persone, compreso un bambino, massacrati in casa, una quinta persona gravemente ferita. Appena si conoscono alcuni particolari in più circa l’identità delle vittime, si apprende che Azouz Marzouk, marito e padre di due vittime, è un tunisino con precedenti penali uscito dal carcere grazie all’indulto e in quel momento irreperibile. Facile la tentazione di indicarlo come principale sospettato. Ma Resca mantiene la lucidità, malgrado ci siano pochi minuti per scrivere e titolare. Non ci sono elementi, «non creiamo un mostro senza alcuna prova», dice deciso. Un mese dopo Olindo Romano e Rosa Bazzi saranno arrestati per l’orrendo delitto e in seguito condannati all’ergastolo. Quanti altri «mostri» poi scagionati ci saremmo risparmiati in Italia se fosse stato questo l’atteggiamento dei media...
Tiziano ha insegnato molto a tanti giovani giornalisti, che gli devono gratitudine. Ma gliela devono pure i lettori che non vedevano il suo lavoro, eppure ne apprezzavano tutti i giorni i frutti sul quotidiano che aprivano la mattina. Lascia la moglie Anna, anch’ella già giornalista di "Avvenire", e i figli Isabella e Carlo, cui va il più affettuoso abbraccio della grande famiglia del nostro giornale. I funerali martedì alle 11 presso la chiesa di San Leonardo a Valle Salimbene (Pavia).
Giornalista di straordinaria affidabilità, l'ex vicedirettore di Avvenire è scomparso la mattina del 15 novembre dopo una lunga lotta con il cancro.
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