Amo Péguy. Ai suoi scritti ricorro nei momenti in cui occorre tenere acceso il fuoco della speranza «fonte della vita… è lei che ha l’incarico di ricominciare, così come l’abitudine ha l’incarico di finire gli esseri…». Anche in questi giorni faticosi mi sono ritrovato con un suo libro in mano. Una grazia. Quando le parole rischiano di dire più del pensiero che le partorisce, quando le ideologie ci spingono in un vicolo dal quale non sappiamo poi uscirne, Péguy ci viene incontro.
La speranza, dicevamo, nemica giurata dell’abitudine che «ha l’incarico di finire gli esseri». Non sempre è facile resistere, la tentazione di tirare i remi in barca e lasciarsi andare nei momenti bui è forte. Il cristiano ha il dovere di tenere in vita la speranza. In casa, in parlamento o sull’altare; al governo, sul lavoro o in oratorio, egli sente la responsabilità della sua missione. Pesa le parole, misura i gesti, rilegge e corregge i suoi scritti. Parla nella verità, senza dimenticare la carità. Ascolta, accoglie, confuta le idee dell’avversario senza offenderlo. Parte dal presupposto che a tutti sta a cuore il bene pubblico e la dignità dei fratelli. Soffre per le ingiustizie, si arrabbia per la superficialità con cui è stato sperperato tante volte il denaro pubblico, si mette dalla parte dei più poveri e fragili. In questi giorni le nostre degradate periferie sono ritornate alla ribalta. È un bene. L’unica cosa da non permettere è il silenzio omertoso che vorrebbe fagocitarle. Il nostro grido di aiuto è stato recepito.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è venuta in parrocchia, a Caivano. Si è incontrata con lo scrivente, il suo vescovo e alcuni confratelli. Si è detta costernata per come le pigrizie, le omissioni, le incapacità, le collusioni di tanti politici, abbiano potuto ridurre un quartiere e i suoi abitanti. Il degrado produce degrado. È stato un momento importante quello vissuto insieme. Ha promesso di intervenire con efficacia e in breve tempo. Occorre agire su un doppio binario: quello della repressione e quello dell’educazione. Guai a separare questi fratelli siamesi.
Giogiò, era un giovane musicista. È stato ucciso, senza motivo, a Napoli pochi giorni fa da un sedicenne. Una tragedia che si ripete spesso e non solo a Napoli. La città, annichilita, depressa, addolorata si è fermata, si è interrogata. Ha pianto. Ognuno grida la sua ricetta. I forcaioli fanno a pugni con i buonisti, i garantisti con gli arrabbiati. La coscienza morde. Di chi la colpa?
E, soprattutto, è ancora da considerare un minore il sedicenne che, uscito di casa con la pistola in tasca e dopo aver ammazzato, se ne va a giocare a carte? A mio avviso, no. Oggi, e soprattutto nei quartieri a rischio, i ragazzi maturano in fretta. La strada, il facile guadagno dovuto alla vendita della droga, il mondo on line cui accedono senza controlli e senza discernimento, sono pessimi maestri.
Mafia, camorra, ‘ndrangheta, iene sanguinarie e senza scrupoli, affidano a questi minori i lavori più sporchi, ben sapendo che rischiano poco o niente. Ci voleva un giro di vite? A mio avviso – e lo dico con grande dolore – sì.
Al commissariato di Afragola stanno arrivando una ventina di poliziotti per incrementarne le file; altrettanto accadrà con i carabinieri nei prossimi giorni. Un presidio fisso stazionerà nella mia parrocchia. È un bene. Le persone oneste si sentono protette dalla presenza di questi fratelli in divisa.
Ieri è ritornato il ministro dello Sport, Andrea Abodi. Con il commissario alla riqualificazione di Caivano, Fabio Ciciliano, il prefetto di Napoli, il comandante provinciale dei carabinieri, generale Enrico Scandone, è entrato in quel che fu il centro sportivo, oggi ridotto a un cadavere in stato di putrefazione. Ha preso visione dello scempio perpetrato. Ci ha dato speranza. Trenta milioni di euro sono stanziati per farlo risorgere. Ringraziamo Dio. A breve arriveranno anche altri assistenti sociali e insegnanti. Altre iniziative sono previste. Quando si discute di minori problematici il cuore sanguina. Per essi dovremmo solo programmare studio, sport, cultura, musica, viaggi. Purtroppo, in casi come questi, bisogna anche ricorrere alle maniere forti, ma sempre in previsione di un futuro cambiamento. Punirli sì, ma per migliorarli.
C’è ancora tanto da fare. Una vera priorità da attuare quanto prima resta il divieto per i ragazzini di poter accedere ai siti della pornografia online. I bambini imparano dagli adulti. Per quanto precisa ed efficiente nessuna legge potrà sostituire l’educazione dei genitori coadiuvata dalla scuola e, per i credenti, dalla Chiesa. Spes contra spem. Riprendiamo il cammino. Ridiamo, come dice Péguy, alla speranza «l’incarico di ricominciare».