Medio Oriente: stop a giochi sulla tregua, è ora di dire basta
sabato 11 maggio 2024

I carri armati israeliani circondano la parte orientale di Rafah. Secondo fonti palestinesi, sarebbero entrati nelle periferie. I bombardamenti si intensificano e 110mila persone sono già fuggite: «Ma nessun posto è sicuro – dice un comunicato dell’Unrwa – e nella Striscia di Gaza le condizioni di vita sono atroci. L’unica speranza è un cessate il fuoco».

Basta, viene da domandare. Dopo mesi di trattative naufragate, di diplomazia a denti stretti, di delegazioni che vanno e tornano indietro nel nulla di fatto. Spiragli, qualche volta, che una possibilità di tregua ci sia davvero. E poi, di nuovo, niente. Ma in realtà, da parte di Netanyahu, primo ministro di Israele, c’è mai stata la volontà almeno di una tregua? Lo ha detto chiaramente del resto: guerra, finché Hamas non sarà cancellata. (E tu continui a domandarti in quale modo distinguano, le bombe su Gaza, fra uomini di Hamas e semplici civili. Continui a domandarti, anche, cosa saranno, fra dieci anni, quei bambini palestinesi che hanno visto massacrare i loro padri dai soldati israeliani. Che assurda illusione, credere che i figli dimentichino).

Palestinesi in movimento da Rafah dopo l'ordine di evacuazione

Palestinesi in movimento da Rafah dopo l'ordine di evacuazione - ANSA

Il fatto è che per fare la pace, o almeno per una tregua, o un cessate il fuoco, occorre essere in due. E il dubbio è che persino Hamas, stante la situazione dei palestinesi a Rafah, avrebbe detto di sì. Ma il no è di Israele, o meglio di Netanyahu. Il 9 maggio, alla Festa della Vittoria a Mosca, Putin ancora una volta ha ricordato all’Occidente gli armamenti nucleari di cui dispone, in quel trionfo di carri armati e missili. Almeno una cosa forse accomuna quei due: sono degli irriducibili. Avanti comunque, ad ogni costo, fino all’eliminazione del nemico. Molto difficile fare la pace, con gente così.

È opportuno e necessario distinguere Netanyau da Israele, dove ci sono state forti manifestazioni di piazza contro il governo, e per trattative che diano una possibilità agli ostaggi. È ancora più necessario ricordare, nell’amnesia di molti, quale attacco Israele abbia subito, la notte del 7 ottobre. Quella notte l’Olocausto, che sembrava un fantasma del passato, di colpo è tornato in vita. Le donne, le madri stuprate e uccise davanti ai mariti, i vecchi portati via, i bambini, gli ostaggi mai tornati. Non si può ignorare il trauma atroce che è stato quella notte, per Israele. L’incubo dell’annientamento, ancora.

Tuttavia, dopo 210 giorni di guerra e oltre 34mila palestinesi, fra cui donne e bambini, uccisi, si avverte il dovere di domandare, di pregare: “Basta”. La vendetta non può essere infinita. Gli uomini, infine, sanno dire basta.

Israele è uno straordinario popolo con un suo straordinario destino. La loro terra è grande come la Toscana, in un oceano di Paesi arabi, e spesso accaniti nemici.

Forse a Tel Aviv la percezione è quella di un assedio – e chi è assediato lotta strenuamente. Tuttavia, basta: non si può vedere le folle di palestinesi ancora in fuga, i bambini in braccio, i carretti stracarichi tirati da un asino. E gli ospedali distrutti, e i Tir carichi di aiuti bloccati al valico di Rafah a marcire, mentre a Gaza manca il cibo e l’acqua. A un certo punto, gli uomini dicono basta.
Fa male, in questo momento tragico, vedere le foto arrivate alla Cnn da una prigione per detenuti palestinesi feriti, nel deserto del Negev. Prigionieri in fila, incappucciati, la testa penzoloni. Altri legati a una barella, il pannolone addosso, gli arti amputati prima che andassero in cancrena. Pare sia stato lo stesso personale israeliano del carcere a inviare le immagini. Perché quegli infermieri, o medici, non potevano tollerare di trattare così degli uomini, nemmeno di Hamas. Se è così, bisogna rallegrarsene: laggiù nel Negev, degli israeliani hanno detto il loro “basta”.

Netanyahu, no. Gli Usa, persino, i più fedeli alleati fermano la fornitura di armamenti. E lui, no. Pensa al suo Paese, o è trascinato da un delirio di potere? In tutto il mondo, da Parigi alle Università americane, milioni di ebrei si sentono in pericolo, additati, accusati. Antisemitismo, di nuovo: impensabile, terribile. Fermatevi, a Rafah. Che qualcuno dica “basta”. Una semplice parola. È necessario, dopo tanta violenza e odio e sangue, e vendetta, infine, ritornare uomini.

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