In un agosto di relativa tranquillità per i titoli di Stato, ci ha pensato un altro spread a perturbare i mercati: quello dell’informazione. Talvolta irresponsabilmente ingenua nel voler esibire lo scoop finanziario, il piano segreto, l’apocalisse incipiente, in altri casi intenzionalmente malevola nel plasmare l’attesa degli incontri fra i leader di governo impegnati a salvare l’euro. Finendo così, emula del più insensato gossip balneare, per condizionare l’andamento dei mercati stessi, che anche d’informazione si nutrono come fa ogni sistema complesso dell’era digitale.Nelle ultime settimane non è mancato giorno che un quotidiano europeo annunciasse l’imminente richiesta di aiuto da parte della Spagna, richiesta puntualmente smentita prima a Madrid e poi a Bruxelles. Al vertice europeo fu addirittura il
Wall Street Journal a storpiare un’intervista al ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, innescando l’ulteriore travisamento delle agenzie di stampa e la successiva reazione a catena. Ma i protagonisti assoluti del "rumore" estivo sono stati i giornali tedeschi. Rivelando con sospetta frenesia presunti piani e contro-piani della Bce, umori e malumori della Bundesbank, tanto da essere riusciti a strappare all’Eurotower, come ha fatto
Der Spiegel, un’irrituale smentita. L’
Handelsblatt, quotidiano economico di una certa influenza pubblicato a Düsseldorf, ha lanciato qualche giorno fa nello stagno multimediale il sasso di un possibile, traumatico rinvio del verdetto sullo scudo salva-Stati da parte della Corte costituzionale tedesca. L’esito: un’altra sconfessione. Il picco nell’andamento dello spread dis-informativo è stato toccato probabilmente ieri, giorno del faccia a faccia tra il cancelliere Angela Merkel e il premier greco Antonis Samaras. Con un duplice attacco alla Banca centrale europea e al suo presidente. La
Sueddeutsche Zeitung ha accusato Mario Draghi di voler condurre con la sua politica monetaria la Germania niente meno che ai livelli d’inflazione della Repubblica di Weimar, vale a dire, con rigore storiografico, oltre il 600%! Per la
Frankfurter Allgemeine Zeitung, invece, Draghi sta trasformando l’Eurotower in una seconda Bankitalia a uso e consumo dello Stato (italiano, naturalmente). Forzature lampanti, ma soprattutto di un tempismo così sospetto da sembrare un autentico fuoco di sbarramento. Come quello della
Bild sui greci, ai quali è stato intimato in prima pagina di «restituire i soldi». E dire che appena il giorno precedente Samaras aveva implorato di non «speculare quotidianamente su un’uscita potenziale di Atene dalla moneta comune».Fra indiscrezioni artefatte e analisi strumentali, questa particolare forma di ridondanza giornalistica – che non è certo aggiotaggio – ha comunque inevitabili ripercussioni sulle piazze finanziarie. E sul piano complessivo può avere effetti devastanti. Nel 1970 l’economista americano George Akerlof scrisse un articolo che sarebbe divenuto celebre analizzando il funzionamento del mercato dei limoni, in cui il venditore gode di una maggior quantità di informazioni rispetto all’acquirente e ne trae vantaggio. Trent’anni dopo fu insignito, con Michael Spence e Joseph Stiglitz, del premio Nobel per aver inaugurato un filone di ricerca particolarmente fertile: l’«asimmetria informativa». Oggi, più che limoni e informazioni asimmetriche, bisognerebbe che qualche Nobel studiasse a fondo il mercato delle "patacche". Nella guerra dello spread, infatti, la stampa tedesca sta giocando pesante. Ma è troppo spesso rumore, non informazione. Un rumore di fondo che ha il potere di sovrapporsi al messaggio, di alterare e rendere meno intelligibile la realtà dei fatti, condizionando al contempo i mercati, soprattutto quelli gestiti dalle "macchine", pronte a intercettare con i loro tentacoli cibernetici ogni variazione di temperatura per anticipare gli operatori in carne e ossa e guadagnare speculando. Anche sul nulla di una realtà strumentalmente deformata.Di mezzo, purtroppo, ci va però il mondo vero. Che si chiami Grecia, Bce o moneta unica. Di mezzo ci andiamo tutti noi, cittadini europei.