Caro direttore,
l’allarme circa l’attacco in corso al Terzo settore che 'Avvenire' ha lanciato, attraverso un suo editoriale, che ha approfondito con un’intervista al professor Zamagni e che per settimane ha ampiamente documentato, ha raccolto ampi consensi, ma purtroppo non sembra influenzare scelte e comportamenti delle istituzioni. Il mondo della solidarietà e delle pratiche di comunità continua a essere considerato 'figlio di un Dio minore', schiacciato tra i due grandi soggetti, lo Stato e il Mercato, che hanno egemonizzato, con esiti quanto meno alterni, la storia economica e sociale del Novecento e di questo primo scorcio del XXI secolo.
Eppure, anche a livello globale, a favore di un nuovo quadro economico, sociale e istituzionale, si stanno alzando voci sempre più numerose, autorevoli e anche inaspettate. È tale quella del prestigioso economista Raghuram Rajan, ex governatore della Banca centrale indiana ed esponente della Scuola di Chicago, che nel suo recentissimo 'Il terzo pilastro' individua la Comunità come il soggetto su cui fondare, su un piano di parità con Stato e Mercato, il percorso per la possibilità di un futuro migliore. Il nostro Paese, in linea teorica, è oggi uno dei meglio attrezzati per questo percorso.
Una ricchissima, attiva e articolata società civile; un quadro legislativo che non ha eguali a livello globale, col principio di sussidiarietà scolpito nella costituzione e un Codice che ne prevede l’attuazione nei rapporti col variegato, e ora uniformemente regolato, mondo del Terzo settore.
Vi sono le migliori condizioni per lo sviluppo potente e armonico del 'Terzo pilastro'. Se non fosse che una opposizione tanto tenace quanto incomprensibile caratterizza il comportamento di molte, rilevanti istituzioni. Ne sono prova anche le Linee guida dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac), presieduta da Raffaele Cantone, recanti 'Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali' recentemente proposte alla pubblica consultazione.
In esse l’Autorità, anziché muoversi nell’alveo del dettato costituzionale e della recente normativa, assumendosi il compito di contribuire allo sviluppo di una specifica e adeguata strumentazione, compie una precisa scelta di contrapposizione e riduzione, provando a decretare una sorta di sospensione di fatto del principio di sussidiarietà e dell’art.55 del Codice del Terzo settore che ne è la coerente attuazione, proprio per quell’area – i servizi sociali – dove la sua attenta e convinta applicazione è invece vitale per il Paese e per tutti i cittadini, soprattutto i più deboli. Il punto ancora più grave è che, in nome di una visione delle lotta alla corruzione, sulle cui modalità sarebbe opportuna una riflessione molto più approfondita, soprattutto per quanto riguarda i servizi vitali per le persone, ben diversi da opere pubbliche e forniture, viene eletto a principio fondante quello della concorrenza che, come noto, non trova alcun aggancio nella nostra Costituzione e, a ben considerare, un sempre minore rilievo anche nelle prescrizioni comunitarie, dopo la sbornia ideologica degli anni passati.
La corruzione nei servizi sociali – e non solo – si combatte coniugando trasparenza, responsabilità, solidarietà e collaborazione, non costringendo le amministrazioni locali a gare dissennate e rotazioni di fornitori, finendo per far emergere, molto spesso, i soggetti peggiori in termini di qualità dei servizi. Le persone non sono merci né opere pubbliche e i cittadini attivi, con le loro organizzazioni, sono un patrimonio da valorizzare con strumenti appropriati. Non da mortificare. Speriamo che l’Anac voglia discutere di tutto ciò con atteggiamento libero da pregiudizi e coerente con la Carta costituzionale alla quale tutti, ma ancor di più le istituzioni dotate di amplissimi gradi di autonomia, debbono rifarsi.
Impegnato nella cooperazione sociale e nella finanza non profit già assessore del Comune di Brescia