Lo straziante ultimo messaggio di Pham, la ragazza vietnamita finita nel container della morte, suscita anzitutto pena e orrore: una giovane vita spezzata sul cammino della speranza insieme ad altre 38. Occorre però anche interrogarsi sui motivi di questa tragedia, analoga purtroppo a tante altre sulle rotte delle migrazioni contemporanee. I genitori della ragazza hanno dichiarato di aver pagato una cifra di circa 30mila dollari per imbarcarla in quello che immaginavano fosse un viaggio verso un futuro di benessere e libertà: a tanto è arrivato il prezzo delle aspirazioni di chi sogna di partire dalla parte sbagliata del mondo, quella del Sud, sfidando un sistema sempre più irto di confini, pattugliato con investimenti sempre maggiori e determinazione politica sempre più ferrea da parte dei Governi dei Paesi più sviluppati.
Il container della morte è il tragico esito di una lotta impari che rimanda all’immagine del gatto col topo. Gli Stati del Nord globale hanno alzato barriere di ogni tipo, dalle tecnologie di identificazione ai controlli aeroportuali, dagli accordi con i Paesi di transito alla costruzione di veri e propri muri ai confini. Si è così determinata una profonda ingiustizia nell’accesso alla mobilità internazionale. Il potere dei passaporti ne è l’espressione: quello giapponese consente l’accesso a 190 Paesi del mondo senza obbligo di visto, quelli europei seguono a ruota, quello iracheno vale per 30 Paesi soltanto. La parola chiave delle migrazioni contemporanee non è in assoluto "chiusura", ma piuttosto "selettività". Alcuni riescono a muoversi anche meglio di prima, altri molto peggio.
Certo questi ultimi non si rassegnano. Cercano affannosamente nuove rotte e nuovi canali d’ingresso, pagano prezzi più alti, si affidano a "passatori" sempre più spregiudicati, irresponsabili, alla fine non di rado omicidi. Ma il Nord del mondo in realtà sta vincendo la partita. Riesce sempre meglio a bloccare chi non vuole lasciare entrare. La netta diminuzione degli arrivi dal mare nel Mediterraneo (in realtà i più monitorati, tanto che ne abbiamo una contabilità precisa) si traduce solo in minima parte in maggiori arrivi via terra sul suolo della Ue.
Ai controlli ai confini si sommano quelli interni, sui documenti degli stranieri (poveri), sull’accesso ai servizi pubblici, sulle possibilità d’impiego. A livello economico in realtà i Paesi della Ue rispondono a gran parte dei loro fabbisogni attingendo ai serbatoi dell’Europa orientale, comunitaria o candidata all’ingresso. E in parte tornando ad attrarre immigrati dall’Europa meridionale.
La scoperta del container ha suscitato un sussulto di commozione e tante nuove paure di infiltrazione, ha riamplificato allarmi intorno a potenti 'trafficanti' capaci di escogitare inedite strategie di passaggio. Ma è anche e soprattutto il simbolo di una crescente disperazione, di una mancanza di alternative, di un’impotenza che cerca di gettare il cuore oltre l’ostacolo: non diversamente dai migranti africani che cercano di saltare le barriere di Ceuta e Melilla in Nord-Africa o dei latino- americani che affrontano il deserto tra il Messico e gli Stati Uniti.
Nel frattempo il Parlamento europeo ha respinto una mozione favorevole alle attività di salvataggio delle Ong e alla redistribuzione dei richiedenti asilo tra i Paesi della Ue. I sovranisti hanno esultato, dicono le cronache, e a loro modo hanno avuto ragione a farlo. La loro posizione sull’immigrazione e il loro approccio alla questione dell’asilo hanno conquistato un predominio culturale, colonizzando la visione delle forze moderate e liberali e andando oltre, sin dentro la sinistra.
Ma è davvero sconcertante vedere politici italiani – dalla destra di Fdi ai 5stelle, passando per la Lega – votare ed esultare per il nuovo colpo affibbiato a princìpi e soggetti umanitari e al tempo stesso per la confermata e ostentata mancanza di solidarietà con l’Italia di altri Paesi dell’Unione. Dietro al container della morte quindi non ci sono soltanto i trafficanti. Ci sono le speranze frustrate del Sud del mondo e la repressione tragicamente efficiente della mobilità (povera) da parte dei Governi del Nord globale.