L'intelligenza di individuare chi sa proseguire il cammino
mercoledì 19 gennaio 2022

Nel suo recente volume intitolato “L’enigma della successione” il costituzionalista Alfonso Celotto ricostruisce, fra l’altro, i passaggi del dibattito in Assemblea costituente che definirono il profilo del Presidente della neonata Repubblica italiana. Si discusse di presidenzialismo e di parlamentarismo, si ipotizzò l’elezione popolare ovvero parlamentare del Capo dello Stato, si ragionò sui suoi poteri, sulla durata del suo mandato e sulla sua rieleggibilità o meno (e Celotto documenta un memorabile scambio dialettico fra Togliatti, favorevole alla rieleggibilità e Moro, contrario) in un clima di diffidenza crescente fra le forze antifasciste via via che si inaspriva il clima della “guerra fredda”.

Alla fine si varò un testo di compromesso, con un Presidente eletto dalle Camere integrate dai rappresentanti delle Regioni, dotato di poteri che ne facessero, secondo le parole di un grande giurista che fu anche un protagonista del dibattito costituente, Egidio Tosato «il grande regolatore del gioco costituzionale » investito di «questa funzione neutra, di assicurare che tutti gli organi costituzionali dello Stato e, in particolare, il Governo e le Camere, funzionino secondo il piano costituzionale». Un altro illustre giurista, Paolo Barile, dieci anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione arrivò, invece, ad accusare i costituenti di schematismo e superficialità nell’affrontare il problema della figura del Presidente della Repubblica, creando un organo che «non fu affatto l’organo tipico delle repubbliche parlamentari, bensì un organo del tutto originale, nato da compromessi fra le diverse forze politiche». E proprio questa indeterminatezza ha lasciato una sostanziale libertà, alle diverse figure che nei settantatré anni intercorsi dall’entrata in vigore della Costituzione si sono avvicendate al Quirinale, di interpretare, nei limiti tutto sommato ampi lasciati loro dalla Costituzione stessa, e codificati nella prassi prima ancora che in un testo scritto, il ruolo del Capo dello Stato secondo le modalità e le forme che l’evoluzione politica e sociale suggeriva. Dal 1992, con Oscar Luigi Scalfaro, il potere presidenziale apparve progressivamente come una sorta di “motore ausiliare” che si attivava nel momento in cui il sistema politico non riusciva a produrre soluzioni governative credibili ovvero rischiava di mettere a repentaglio quegli elementi di politica internazionale – come l’appartenenza all’Unione Europea o all’Alleanza Atlantica – tanto fortemente integrati nella stessa prassi costituzionale da essere diventati non più materia di ordinario dibattito politico, ma fattori costitutivi della democrazia italiana. In questo senso, ad esempio, va letto il settennato di Sergio Mattarella a cui la stragrande maggioranza degli italiani oggi guarda come a una guida insieme discreta e sicura in tempi di turbolenze politiche e sociali esacerbate dalla lunga fase pandemica.

A breve i Grandi Elettori e i partiti di cui costoro sono espressione si troveranno di fronte al difficile compito di eleggere il nuovo Presidente, in un Paese impegnato in una fase di ricostruzione economica e di riforme sociali e politiche paragonabile per certi versi a quella successiva al secondo conflitto mondiale. E credo si possa convenire su alcune sue caratteristiche specifiche. Innanzitutto, deve essere una persona che, per le sue doti umane, morali ed intellettuali, possa costituire un punto di riferimento credibile per i cittadini, giacché l’esperienza dimostra che solo leadership affidabili possono cementare il consenso popolare intorno alle istituzioni. A ciò dovrà unirsi, per quanto possibile, una riconosciuta autorevolezza sullo scenario internazionale, in primo luogo su quello europeo, su cui si gioca così tanto del futuro dell’Italia. È richiesta anche una profonda consapevolezza della storia politica, sociale e religiosa del nostro Paese, non nel senso dell’erudizione libresca ma della comprensione dei complessi passaggi che hanno determinato il raggiungimento di una democrazia compiuta nel quadro di ipoteche interne ed esterne che non sono venute meno, ma si sono rimodulate secondo l’evoluzione dei tempi, ricordando tuttavia che anche nelle più aspre fasi di contrapposizione geopolitica, la fedeltà alle alleanze del nostro Paese ebbe una significativa banda di oscillazione entro cui l’Italia poté curare i propri interessi nazionali e svolgere una credibile azione di pace, in particolare sullo scenario mediorientale. Ciò gli permetterebbe di ricollegarsi all’opera dei suoi predecessori. Serve una persona che – al di là della sua personale posizione religiosa – sia conscia di quanto la Chiesa cattolica ha rappresentato e rappresenta nella cultura e nel tessuto sociale italiani, come pure dell’esistenza di una realtà sociale di varia ispirazione culturale e religiosa, robusta, complessa, integrata nella dimensione istituzionale e capace di coadiuvare e spesso supplire l’opera dei pubblici poteri nel campo dell’assistenza, della promozione sociale, della tutela dei diritti dei cittadini. È necessaria anche una spiccata sensibilità verso quanto di nuovo nasce nella società, verso le inquietudini e le aspirazioni – specie quelle di una realtà giovanile che si trova di fronte a prospettive di affermazione sociale e lavorativa ben più ristrette di quelle delle generazioni precedenti – e quindi capace di orientare l’attenzione del legislatore e del Governo verso problematiche spesso ritenute marginali o non immediatamente rispondenti all’interesse elettorale delle forze politiche. Serve qualcuno capace di sfidare l’impopolarità presso un’opinione pubblica volubile a difesa dei valori costituzionali, quelli iscritti nella prima parte della Costituzione e che si applicano sia ai cittadini sia ai non cittadini, promuovendo un’autentica cultura dell’accoglienza e della reciproca comprensione. Infine, ma fondamentale, una persona che rispetti e tuteli l’assetto istituzionale sia nella forma scritta sia nella prassi, ma risulti aperta e disponibile nei confronti dei cambiamenti necessari affinché le istituzioni democratiche siano in grado di rispondere in modo più rapido e flessibile alle istanze politiche, sociali e di salute pubblica che sempre più si affacciano in modo disordinato e vorticoso e non riescono ad avere udienza da una politica ripiegata su se stessa e sui suoi calcoli di breve respiro. Figure del genere esistono, nel nostro Paese, e agiscono già in campo politico, accademico e sociale: l’intelligenza delle forze politiche e dei Grandi Elettori dovrà essere non quella più vicina alle loro propensioni ideologiche – ammesso che si possa ancora parlare di ideologie – ma quella più adatta per proseguire il cammino di ricostruzione dell’Italia.

Presidente nazionale delle Acli

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