Gentile direttore,
mi riferisco al suo editoriale del 6 aprile ("Il prezzo è ingiusto"), sulla vicenda della Lega e, in particolare, di Bossi e famiglia: perché non attendere i risultati delle indagini della magistratura prima di tirare conclusioni?
Fausto Sartorari, Verona
Caro direttore,
l’«assoluzione» di Bossi a Bergamo è stata più devastante di una contestazione. Per rendere non imputabile l’Umberto si è invocata l’infermità mentale politica, avallando l’immagine di un uomo rimasto vittima di loschi intrighi del "cerchio magico", che lo avrebbero indotto a sbagliare, «a sua insaputa». Ne esce un capo imbalsamato, ridotto a reliquia esposta in una teca alla venerazione padana. Gli "scopini sognanti" – risolvendo anche il caso Rosy Mauro – pensano di aver fatto un buon lavoro. E di poter ricominciare puliti come prima. Ma la Lega a Bergamo è finita. A sua insaputa.
Massimo Marnetto, Roma
Andiamo per ordine. Al signor Sartorari vorrei ricordare, per prima cosa, che nell’editoriale del 6 aprile mi sono occupato – oltre che di «Lega e, in particolare, di Bossi e famiglia» – anche del sistema dei partiti. Tutti coinvolti nella crisi di credibilità della politica. Tutti (o quasi) toccati in esponenti di spicco da vicende scandalose e amare. Tutti finora ben contenti di usare leggi elettorali che – privando i cittadini del diritto di scegliere davvero i propri rappresentanti – li hanno resi "padroni" del Parlamento nazionale. Tutti destinatari dei sovrabbondanti "rimborsi elettorali" che, adesso sull’onda di una vasta indignazione popolare, si pensa di riformare, rendere trasparenti e forse tagliare. Partiti (non mi riferisco necessariamente a quelli attualmente in campo, ma al soggetto partito in quanto tale) che però sono e restano strumenti indispensabili della democrazia. E per questo vanno aperti, regolati e "abitati" in modo degno. A proposito della Lega Nord ho scritto – rilegga bene, il gentile amico lettore – senza anticipare verdetti giudiziari, ma esprimendo giudizi politici altrettanto precisi. Quanto alle responsabilità (morali, e non solo) dello spregiudicato uso privato dei fondi pubblici a disposizione della Lega, cito ciò che Umberto Bossi ha affermato – in lacrime, scusandosi – durante il comizio di martedì scorso a Bergamo: «I danni sono stati fatti anche da quelli che portano il mio cognome». Vedremo, a giudizio avvenuto, se e come qualcuno pagherà per questi «danni».
Al signor Marnetto vorrei invece dire che della vita e della morte di una formazione politica decidono, alla fine, solo gli elettori (e, dunque, lui e io non più degli altri…). Ho annotato e sottolineato più volte che la Lega in questi ultimi anni, aumentando radicamento e consensi, è via via diventata un partito più interessante perché dalle molte (e anche assai diverse) anime. Vedremo se la rovinosa crisi della leadership assoluta di Umberto Bossi e l’impantanamento morale e giudiziario del Carroccio saranno fatali o se produrranno una marginalizzazione della Lega con il ritorno alle peggiori parole d’ordine originarie del movimento (a cominciare dalla propaganda secessionistica) o se, ancora, da questo "passaggio stretto" emergerà un partito identitario e del territorio guidato da persone capaci di contemperare ideali autonomistici e unitari e in grado non solo di tenere il campo, ma di intessere utili alleanze. Vedremo.Marco Tarquinio