Gentile direttore,
sono trascorsi due anni da quando la pandemia da Covid-19 è entrata nelle nostre vite. In questi giorni, la guerra in Ucraina, nella quale anche Intersos è direttamente impegnata per garantire assistenza sanitaria ai rifugiati in Polonia e Moldavia, ha distolto l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica dalla pandemia. Ma l’emergenza, come il suo giornale ci ricorda spesso, è tutt’altro che conclusa. Negli ultimi mesi, la variante Omicron ha prodotto una nuova impennata di contagi. E soprattutto, ancora oggi, mentre è ancora timidissima l’apertura dei Paesi del Nord del mondo alla piena condivisione delle cure disponibili, osserviamo condizioni di inaccettabile disuguaglianza nella fruibilità di servizi sanitari essenziali, test, medicinali, apparecchiature e personale sanitario, ma anche nell’accesso alla più importante barriera contro il virus: la vaccinazione.
All’inizio di febbraio 2022 solo il 13,5% della popolazione target nei Paesi più poveri del mondo è stato vaccinato con almeno una dose a fronte del 69% nei Paesi più ricchi. Voltare pagina può sembrare, ed è, una sfida titanica, che include dibattiti complessi, a cominciare da quello sulla sospensione temporanea dei brevetti, su cui il vertice Europa-Unione Africana dello scorso febbraio ha ancora rinviato una decisione attesa e necessaria e i recenti passi avanti in sede Wto sono da verificare e consolidare. Ci sono però anche altre stra- de che occorre, urgentemente, percorrere e sulle quali tanto il Governo italiano quanto l’Unione Europea possono imprimere una accelerazione.
Lo stesso vertice ha confermato sostegno finanziario e accordi per contribuire ad aumentare sensibilmente il numero di dosi consegnate ai Paesi africani: ora occorre tramutare vaccini in vaccinazioni. L’iniziativa Covax, guidata da Gavi Cepi Oms e Unicef, nata per promuovere la distribuzione equa dei vaccini nei Paesi a basso e medio reddito, rappresenta oggi il principale strumento per sostenere la vaccinazione globale e costruire un’infrastruttura che rimarrà patrimonio dei singoli sistemi sanitari nazionali, supportando anche nuove campagne di immunizzazione.
Per Intersos, la nostra organizzazione impegnata in prima linea in contesti di emergenza, varare un programma a sostegno di Covax è stata una decisione doverosa e naturale. Nel 2021, a partire da Yemen, Nigeria e Burkina Faso, abbiamo avviato un pacchetto di intervento fondato su quattro pilastri: attivazione delle comunità, informazione alla popolazione, gestione e supporto della catena del freddo, somministrazione diretta dei vaccini.
Come possiamo testimoniare nei Paesi in cui Intersos è operativa, l’iniziativa è ancora ostacolata da una serie di 'colli di bottiglia' che non permettono uno svolgimento fluido della campagna vaccinale. Le spedizioni dei lotti sono irregolari, con tempi di pianificazione ridotti, e questo impatta sulla logistica della somministrazione, sulla conservazione delle dosi e anche sul reclutamento e sulla formazione degli operatori. I Paesi ricevono lotti con una scadenza molto breve che lascia poco tempo alla distribuzione, e a ciò si aggiunge la compresenza di diversi prodotti con procedure di gestione variabili. L’avanzamento a singhiozzo rende difficile la preparazione e diminuisce l’efficacia delle campagne di sensibilizzazione che devono essere realizzate immediatamente a ridosso delle operazioni vaccinali.
La capacità di stoccaggio della catena del freddo è ancora limitata e la disinformazione dilagante influisce su esitazione e accesso alla vaccinazione. Per cambiare passo occorre agire su tre leve. Innanzitutto le risorse finanziarie, concretizzando rapidamente gli impegni presi. È necessario che Covax continui ad essere finanziato per aumentare il numero di dosi disponibili e siano previsti fondi sufficienti e programmati per garantire l’implementazione effettiva della campagna vaccinale nei Paesi d’intervento. In secondo luogo, la logistica: migliorare la calendarizzazione degli invii sulla base delle capacità di assorbimento dei singoli Paesi e aumentare le capacità della catena del freddo. E infine l’informazione e comunicazione alla popolazione.
L’inoculazione del vaccino è solo l’ultimo anello di una catena molto lunga e complessa, basti pensare che operiamo in aree che possono essere raggiunte solo in elicottero. Per questo il pieno coinvolgimento e la sensibilizzazione delle comunità, che solo una forte presenza sul campo può garantire, rappresenta un elemento fondamentale per garantire il successo della campagna vaccinale e l’uscita definitiva dall’emergenza pandemica a livello globale.
Rispettivamente
direttore generale di Intersos
e coordinatore della Covax Task Force di Intersos