Gentile direttore, le scrivo in riferimento ad articoli usciti negli ultimi giorni su “Avvenire”. Il primo a firma del professor Luigino Bruni e il secondo del manager Enrico Barbieri e dell’avvocato Martino Liva. Mi permetto di farlo perché l’argomento in questione, la presenza della Consulenza nella cosa pubblica e nel settore privato, negli ultimi tempi sembra essere oggetto di un dibattito nuovo che interessa più parti, e il suo giornale ospita da sempre una pluralità di vedute che mi conforta rispetto alla possibilità di puntualizzare qui alcune cose per il settore che rappresento.
È senz’altro vero come sostiene il professor Bruni che ormai da tempo, soprattutto dall’inizio del Duemila, il settore della Consulenza si è ritrovato a essere sempre più centrale nel supporto non solo della filiera produttiva privata, ma anche delle esigenze in seno alla pubblica amministrazione. Va detto però che rispetto ad altri Paesi europei in Italia la percentuale di incidenza del nostro mercato nella PA è molto minore, quasi un terzo rispetto a quella tedesca per fare un esempio. Come presidente di Assoconsult e come imprenditore auspico un utilizzo sempre maggiore della Consulenza e lo faccio ben consapevole del fatto che oramai il nostro settore ha cominciato ad assumere le sembianze di una vera e propria industria. Un’industria utile e complementare a tutte le altre, come mostrano le numerose ricerche che valutano l’impatto della Consulenza sulle aziende, sugli enti e sulle organizzazioni che a essa ricorrono. Uno studio del 2021 sulla domanda dei servizi da noi forniti ha stimato oltre l’85% la percentuale di imprenditori soddisfatti. Non c’è ambito, nel nostro Paese come nel mondo, che non sia interessato dall’apporto delle nostre aziende. Un apporto utile, non un’ingerenza. Ci troviamo infatti – come sottolineato dal professor Bruni – davanti ad una naturale conseguenza dell’accelerazione di crescita inimmaginabile che le imprese hanno dovuto affrontare a cavallo del millennio. Ma ciò che viene letto come una conseguenza negativa per me è l’esatto contrario. Oggi le imprese devono inserirsi in un ecosistema relazionale che va ben oltre il perimetro dell’azienda stessa. Università, start-up, fornitori, ma anche il rapporto con i competitor, sono attori che possono e devono essere coinvolti per aprire l’azienda ai contributi esterni e garantire quelle competenze multidisciplinari necessarie per essere competitivi. La chiave di tutto questo è la Consulenza. Ecco perché abbiamo al nostro interno esercitato un considerevole investimento in innovazione, formazione e rinnovamento, per far sì che l’intensità di intervento che veniva richiesta dalle imprese non si trasformasse per loro in una corsa scoordinata.
Dirimente in questo contesto per noi è l’aspetto umano. La narrazione che vuole i consulenti come cyborg usciti da una macchina seriale come quella del film Metropolis non ci piace. I consulenti che da sempre fungono da consiglieri esterni e portano consiglio sulla base di un’esperienza maturata altrove, non possono di colpo essere tacciati di poca appartenenza. La qualità del nostro prodotto intellettuale passa proprio dall’appartenere di volta in volta al progetto, al contesto all’idea da sviluppare, senza preconcetti o campanilismi. I consulenti si formano, crescono e si affermano sapendo di dover convivere con la curiosità di conoscere ancora. Nessun’altra industria oggi nel mondo è in grado di garantire un aggiornamento così performante e prestazioni così all’avanguardia. Produciamo capitale intellettuale ad alto tasso di competenza, la stessa di cui necessitano le aziende o le amministrazioni che si rivolgono a noi e che al loro interno non riescono a trovare. Per questo penso sia arrivato il momento per una riflessione comune che ci porti a capire che insieme e non contrapposti si possa arrivare a raccontare un progresso nuovo che passi dall’idea pubblica arricchendosi e migliorandosi con un approccio di mercato.
La Consulenza da sola per definizione non esiste, ma è altresì vero che la cosa pubblica così come anche l’impresa privata, da sole, oggi, senza la Consulenza faticherebbero a trovare sé stesse. Questo perché l’idea stessa di progresso passa per una visione collettiva e trasversale, condivisa appunto. Per questo la complessità di una rinnovata e continua commistione può essere la sfida da vincere per avere una visione del futuro più aperta.
Presidente AssoConsult-Confindustria