Il culmine dell’orrido nella storia della giovane Sana, di origine pakistana ma vivente da tanti anni in Italia, nel bresciano, rimpatriata nella terra di provenienza e lì uccisa perché non voleva sposare un giovane locale scelto dai genitori, ma un giovane pakistano come lei e come lei vivente a Brescia, il culmine dell’orrido sta nella tecnica dell’uccisione: strangolata a mani nude, dal padre, dal fratello e dallo zio. Sto alle notizie come corrono da un paio di giorni, e come un attimo fa sono state confermate dalla confessione del padre. E dai risultati dell’autopsia, da cui si deduce che alla ragazza è stato spezzato l’osso del collo.
L’orrido è qui: uccisa a mani nude dalle persone che più dovevano amarla, come parente strettissima. Fatta morire abbracciandola. C’è un film attualissimo, che gira per le nostre sale esattamente in questi giorni, su questo tema, una famiglia pakistana che decide di eliminare una figlia disobbediente, che non vuole sposare uno scelto dal padre e dalla madre ma uno scelto da lei, e perciò deve morire: il padre si assume il compito di toglierla dalla vita. È un film autobiografico: la regista, pakistana, rievoca una propria storia. Noi spettatori lo sappiamo. E andando a vedere questo film e sedendoci in sala, la nostra attesa si concentra su un punto: 'Vediamo come il padre la uccide'. Le spara? La lapida? La bastona? Il film è più maligno: il padre la porta in una zona montagnosa, con la scusa di cercare un ristorante, e si ferma sull’orlo di uno strapiombo.
La figlia guarda e capisce ma non ci crede. Il padre le dà l’ordine a voce: 'Fallo!'. La figlia esita, in quel momento muore la paternità del padre e la figlia si sente senza padre, quello che ha davanti è un nemico, non è suo padre. Non può capire, non può accettare. Ma lui si fa più chiaro: 'Bùttati!'. La figlia si piega in due, torcendosi nell’angoscia per quel che si sente dire.
La regista inquadra la scena in modo da avere le figure stagliate contro l’abisso, la figlia a destra, il padre a sinistra, la figlia piegata in due dal dolore, poi d’improvviso anche il padre si piega in due, ad angolo retto, e anche il padre singhiozza, perché finalmente capisce quello che sta facendo. In quel momento si rende conto che la vergogna sociale che lo guida (il film s’intitola: 'Cosa dirà la gente', cosa dirà se nostra figlia non sposa chi vogliamo noi), gli dà una spinta al figlicidio, che l’onore nella società gli fa calpestare l’amore della famiglia. Non ce la fa. Ha tentato di far morire la figlia spingendola a buttarsi, senza toccarla. Non ce l’ha fatta. Allora è redimibile. Alla fine del film guarda la figlia che scappa di casa, e non la ferma.
Non è riuscito a buttarla, non riesce a fermarla. Padre, fratello e zio di Sana son riusciti, come dice la giustizia pakistana e come conferma la confessione, a strozzarla con le loro mani. Hanno avuto dunque tra le mani il collo della figliasorella- nipote, e l’hanno stretto. Il film è intollerabile, non riesci a vederlo. E tuttavia consiglio di vederlo, è un film elementare, rozzo, semplice, lineare, ma potente. Esci dalla sala con l’angoscia di toccar con mano quanto siamo imprigionati dalla civiltà nella quale viviamo, che ci guida mentre noi crediamo di guidarla.
Ma la notizia che viene dal Pakistan, di questa povera ragazza bresciana strangolata con le mani dai parenti più stretti, compresi padre e fratello, spegne in noi la vitalità, la voglia di vivere. Adesso il padre aspetta la condanna a morte. E con questo? Tornerà in vita, la povera Sana? 'Cosa dirà la gente' dovrebb’essere proiettato in Pakistan gratis per tutti. Primo spettatore coatto, il padre di Sana.