Gentile direttore,
ho letto il suo dialogo con un lettore intitolato «“Qual è il prezzo di un disabile che nasce?” E di una scienza che se lo chiede? ». Di recente ho perso mia nonna e ho dolorosamente notato quanto segue. I medici danno quasi per scontato che una persona novantenne debba morire e la curano superficialmente. E questo a vari livelli. Ma chi sono gli utenti degli ospedali? Al 95% proprio i cittadini più anziani... Eppure le assicuro che è una vera vergogna. Si fa quello che si deve fare, senza nessuna attenzione all’essere umano anziano. Nessuna. Un dolore enorme. La vita vale sempre, fuor di retorica! Grazie.
Veronica Arpaia
Sono colpito e addolorato dalla sua così amara testimonianza, gentile signora Arpaia. Io, grazie a Dio e al personale medico e sanitario che ho incontrato, ho un’esperienza molto diversa e assai migliore delle cure prestate a mia madre negli ospedali della mia terra natale, l’Umbria. Quando mia mamma ha percorso l’ultimo tratto del suo cammino terreno non era novantenne, ma prossima agli ottanta anni e posso dire che né competenza e dedizione professionale né qualità umana sono mai mancate nelle cure che le sono state assicurate. Non metto in discussione ciò che lei ha sperimentato e denuncia. Ma credo che il primo modo per conservare il bene grande rappresentato dal nostro Servizio sanitario nazionale – che, pur con le pecche che conosciamo, è tra i primi tre al mondo – sia quello di non svalorizzarlo e, soprattutto, di non svalorizzare mai in blocco le persone che ci lavorano. So, però, che la sua preoccupazione non è peregrina: il rischio che criteri cinicamente efficientisti e perfettisti (e, se vuole, anche menefreghisti) che hanno ben poco a che fare con princìpi e pratiche della buona scienza medica e sono contro la vita invecchiata, malata e comunque “imperfetta” o anche solo “scomoda” vengano imposti per pressione ideologico- mediatica non è affatto inesistente. Dunque sottoscrivo di cuore la sua conclusione. Non bisogna stancarsi di ribadire che la vita vale sempre. La vita di ogni essere umano, senza distinzioni. E dimostrarlo, da cittadini e da cristiani, in ogni ambito, impegnandoci perché non sia solo un’espressione retorica.