Caro direttore,
mi è capitato l’altro giorno di entrare in casa di Giovanna e Faustino Quaresmini al mattino, proprio nel momento in cui i due genitori (68 anni lei e 75 lui) stavano accudendo la figlia Moira da 17 anni in stato vegetativo. Ebbene in quel momento il papà stava facendo il segno della croce sulla fronte della figlia, recitando questa preghiera sgorgata dal suo cuore e che mi ha spezzato il cuore: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. O buon Gesù, questa bimba proteggila tu. Proteggi anche sua mamma e suo papà, suo fratello Luigi e il suo nipotino Luca e tutti quelli che le vogliono bene. Proteggi il Papa e i sacerdoti, don Mario e Radio Mater e tutti gli ammalati del mondo che soffrono. E anche tu, Madonnina, questa bimba proteggila tu e dai a sua mamma e a suo papà la forza di volerle sempre tanto bene e ancora di più. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen”. La commozione era tanta, soprattutto quando ho saputo che il papà la ripete tre volte al giorno: al mattino, nel primo pomeriggio quando Moira viene coricata per il pisolino, e alla sera. Tre volte al giorno da 17 anni, da quando nella notte del 13 gennaio 2000, un embolo amniotico ha causato la morte della figlia che stava per partorire, e il coma. Secondo i medici sarebbe sopravvissuta non più di qualche mese. E invece… Ora ha 47 anni e viene nutrita con il cucchiaino: mangia, seppure tutto tritato, esattamente quello che il resto della famiglia mangia a tavola. Per darle da bere, invece, utilizzano il sondino naso-gastrico. Moira, ha scritto qualcuno, è la prova (se ce ne fosse bisogno ancora) che Dio esiste. Di fronte alle discussioni che si fanno in Parlamento sul “fine vita”, questi genitori si sentono impotenti e non sanno come arrivare al cuore dei politici per chiedere loro di essere aiutati, non per sopprimere la vita della figlia, ma per poterla assistere adeguatamente 24 ore al giorno. Non vogliono altro: poter accudire il loro famigliare, nella consapevolezza che l’eutanasia di persone gravemente disabili per sottrazione di cibo e acqua non sarà mai una conquista di libertà.
Enrico Viganò
Conosco da anni Giovanna e Faustino Quaresmini, i genitori di Moira, e so che sono persone normali e straordinarie, buone e generose e anche per questo attorniate da tanta solidarietà “dal basso” che rende meno solitaria la loro lotta per e con Moira. Da credenti hanno, in più, la forza delle preghiera. Grazie, caro Enrico, per averci fatto condividere – anche mormorandola con pudore, a fil di labbra – la stessa preghiera di papà Faustino. Hai ragione: il tanto bene umano e spirituale che si accende e avviene attorno a Moira, e che da Moira proviene nel tempo della sua inermità, per chi ha occhi, mente e cuore aperti è «una prova dell’esistenza di Dio». In qualche modo la stessa che accese la preghiera di Etty Hillesum nel tempo della follia nazista e dell’apparente trionfo “finale” della morte e che la portò a scrivere, come tirando le fila di tutte le piccole e grandi vicende umane, che «le cose sono, dovunque, completamente buone e, nello stesso tempo, completamente cattive». È una frase che mi torna in mente ogni volta che mi misuro col mistero delle prove “ingiuste” che sfidano la nostra libertà, la nostra responsabilità e il nostro amore e che a libertà, responsabilità e amore danno senso più profondo. Vorrei, con te e con Giovanna e Faustino, che i nostri parlamentari la sentissero come un richiamo personale, scomodo ma inevitabile. L’insieme di norme sul «fine vita» che si stanno votando alla Camera e, soprattutto, il passaggio sull’alimentazione e l’idratazione delle persone che non riescono ad alimentarsi da sole, può essere – e non voglio avere dubbi su questo punto – buono nelle intenzioni, ma contemporaneamente è cattivo nell’esito che prefigura e nelle pratiche eutanasiche che minaccia di ingenerare. Continuo a sperare, e qualche piccolo segnale c’è stato anche nelle ultime ore, che non ci si irrigidisca, magari rinchiudendosi in una trincea di idee che danno “corpo” solo alla sofferenza di chi arriva a chiedere che gli sia data la morte. Morte che nessuno dovrebbe mai dare all’altro e che, in qualunque forma, non deve mai più essere un potere del “sovrano”, travestito da libertà dell’individuo. Continuo a credere che un legislatore deve sapersi invece chinare ad ascoltare la realtà più umile, e meno suggestiva e titanica, di quanti affrontano con gioia la difficile fatica di vivere e di servire la vita. Senza servirsene mai, e senza scartarla in alcun modo.