Nessuno può considerare il gas naturale una fonte di energia pulita. Non è pulita nemmeno l’energia della fissione nucleare, che non produce emissioni di anidride carbonica ma lascia scorie che restano radioattive anche dopo secoli. Il voto con cui il Parlamento europeo ieri ha accettato che gas e nucleare siano inclusi nella tassonomia delle attività economiche ecosostenibili dell’Unione Europea, come proposto dalla Commissione, non rende all’improvviso fonti 'verdi' il metano e l’atomo. Dice piuttosto che, a certe condizioni, anche i progetti per la generazione di energia dal gas naturale e dalla fissione nucleare possono contribuire a raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni di anidride carbonica entro il 2050. Quindi in alcuni casi possono essere finanziati come attività ecologiche.
In queste settimane la realtà del cambiamento climatico irrompe con evidenza tragica nella nostra quotidianità. In Italia forse con più forza che altrove. Il caldo e la mancanza di piogge dei mesi passati hanno prosciugato i torrenti e svuotato il Po, fino a rendere prospettive realistiche i piani per il razionamento dell’acqua per lavarsi. A fine giugno le temperature hanno superato i 40° in tante città italiane. Domenica un colossale pezzo del ghiacciaio della Marmolada si è staccato uccidendo almeno nove persone. L’urgenza di agire per fermare questo disastro non è mai stata così incontestabile. Agire, per quello che ne sappiamo oggi, significa tagliare il più possibile le nostre emissioni di gas inquinanti, a partire dall’anidride carbonica.
C’è però anche un’altra realtà che incombe minacciosa sulle nostre giornate. È la nostra realtà energetica di Paese (e insieme di Paesi, perché questo vale, in modo diverso, per tutta la Ue) terribilmente povero delle materie prime che alimentano le nostre attività quotidiane. Siamo ancora in balìa della Russia e della sua disponibilità di continuare a fornici il gas per potere tenere aperte le imprese il prossimo inverno.
Ci stiamo indebitando, come Stato, per poterci fare uno sconto sui carburanti ed evitare che per troppi italiani accendere la macchina diventi un lusso eccessivo. Lo si dice piano, ma nonostante gli sforzi del governo non abbiamo la garanzia di avere tutta l’energia che ci occorrerà nei prossimi mesi. È un’urgenza anche questa: riuscire a generare in questo 2022 i circa 320 miliardi di kWh di cui l’Italia ha bisogno ogni anno.
La politica è il confronto delle idee ma anche la costruzione di progetti per realizzare quelle idee. Il piano per arrivare ad azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050 (sperando che basti a contenere il riscaldamento del Pianeta) è oggi il più importante e il più complicato di tutti. L’obiettivo non può essere in discussione e la determinazione per raggiungerlo deve essere massima. Sulle strategie per arrivarci però occorre un dibattito realistico. Cioè che tenga conto di quello che vogliamo e di ciò di cui oggi ci possiamo permettere.
In Europa l’energia genera il 75% delle emissioni inquinanti ed è inesorabilmente il cuore del problema.
Le rinnovabili sono la soluzione, ma niente è perfetto. Ora che abbiamo poca acqua le centrali idroelettriche sono scariche. È scarso anche il vento, le pale eoliche girano meno di quanto potessimo sperare. Il sole (almeno quello) c’è, e gli impianti fotovoltaici funzionano a pieno regime. Occorre investire ancora di più su queste e altre tecnologie davvero verdi e trovare un bilanciamento tra la necessità di sviluppare i progetti e le esigenze dei territori chiamati ad ospitarli. Non ci sono soluzioni facili.
Martedì il Consiglio regionale sardo ha approvato una mozione in cui chiarisce che la Sardegna non è disposta ad accettare tutti i progetti di pale eoliche in alto mare che sono ormai presentati quasi quotidianamente. Il testo approvato impegna il presidente regionale a proteggere il mare «come bene comune riconosciuto e identitario della Sardegna a beneficio del mondo e delle future generazioni». Il male assoluto e il bene assoluto non esistono in campo energetico. A essere buoni o cattivi sono i progetti e soprattutto le intenzioni di chi li propone. Starà all’Europa dimostrare con i fatti che vuole davvero azzerare le emissioni e archiviare l’energia 'fossile'. Non è solo una questione di etichette.