Coinvolgi et impera. Vladimir Putin sa bene che questa guerra non la può vincere da solo contro gli Usa, la Nato e la Ue. Perché è una guerra fredda per procura con fronti insanguinati e roventi, ormai lo ammettono (quasi) tutti, anche perché non può essere nascosta la sua devastante dimensione. E così ora si aggiunge un altro elemento a quello che per primo Kipling rese celebre come The Great Game, Il Grande Gioco. Il presidente russo si recherà la prossima settimana in visita ufficiale in Iran per «discutere di come rafforzare le relazioni economiche tra Mosca e Teheran».
Intanto quelle militari viaggiano a gonfie vele perché in queste ore inizierà l’addestramento dei piloti di droni russi da parte dei pasdaran che hanno ceduto tecnologia 'made in Iran' alla Grande Madre Russia: un ribaltamento dei ruoli se vogliamo, ma il Paese degli ayatollah nella guerra in Siria e Libano ha sviluppato tecnologie che preoccupano da tempo gli ipertecnologici militari israeliani. E proprio con (e su) Israele si concretizza il concetto reso celebre dallo scrittore di Mumbai.
Putin andrà a Teheran a ribadire un concetto fondamentale: ti coinvolgo nella guerra ucraina e, in cambio, ti ribadisco la mia alleanza, la mia ala protettrice in seno al Consiglio di sicurezza, la mia tecnologia nucleare per i tuoi impianti e chi tocca te tocca me. Sarà più o meno questo ciò che dirà (perché lo riferisca a chi comanda veramente, cioè al grande ayatolah Ali Khamenei) al presidente Ebrahim Raisi che incontrerà per la prima volta. Sovrapponendo la data della visita di Putin a quella dell’altro protagonista della guerra fredda per procura 2.0 sarà di più facile comprensione l’arcano.
Pochi giorni prima Joe Biden sarà in Israele e Arabia Saudita, i due grandi nemici dell’Iran e amici (in un ottovolante di affetti legati ai poteri interni) degli Stati Uniti d’America. Quegli stessi Stati Uniti che si sono visti sgretolare tra le mani in questi giorni il ripristino dell’accordo sul nucleare iraniano che sembrava a portata di mano. Insomma: una situazione a dir poco intricata, in un gioco di equilibri e convenienze che rende più torbide acque già a dir poco agitate da una guerra aperta che non sembra non avere soluzioni e che rischia di arrivare abbondantemente oltre l’autunno, fine entro un inverno che osservatori qualificati e prudenti prevedono 'terribile', innescando ulteriori pesantissime tensioni sul fronte delle risorse energetiche.
Altro elemento, questo che riporta al senso delle due missioni. La missione di Biden, che tenta di ricucire rapporti con Israele, che si prepara all’ennesimo voto politico generale, e con Riad, dove con Mohammed bin Salman (il più che discusso erede al trono) dovrà fare i conti, E la missione di Putin che vuole consolidare la sua presenza regionale e guastare la digestione all’inquilino della Casa Bianca. Una partita aperta e fondamentale, che non può lasciare indifferente il terzo incomodo nello scontro tra Washington e Mosca, la Cina di Xi Jinping.
Pechino è la seconda alleata di Teheran, ed è soprattutto attenta a non consegnarsi mani e piedi a un’alleanza con la Russia che, comunque, resta di convenienza e non ideologica. Su questo l’amministrazione Biden lavora da settimane, non per nulla il primo faccia a faccia tra il segretario di Stato Antony Blinken e il collega cinese Wang Yi è durato oltre cinque ore e non il tempo di un incontro di circostanza. Questo significa che è stato preparato a fondo, condiviso nei temi e soprattutto finalizzato a una prosecuzione del rapporto. La via d’uscita allo stallo può essere quella della Seta? Che Pechino conti più di quanto appare e appaia solo quando conta è sotto gli occhi di tutti, anche quelli di Biden e Putin che continuano a mangiarsi reciprocamente pezzi sulla scacchiera. Mentre la guerra prosegue e s’intensifica, uccide, distrugge e affama. Anche chi neanche sa che si sta combattendo perché, nel Sud del mondo, è troppo impegnato a mettere insieme il pranzo con la cena.