Ethiopian Airlines è considerata una Compagnia aerea sicura non solo per questioni tecniche, rating e bilanci, ma per un fattore che potremmo definire storico–territoriale e di antiche buone relazioni inter–religiose. In Etiopia, infatti, trovò riparo nel 614 Maometto insieme a un piccolo gruppo di fedeli musulmani perseguitati da parenti e da membri della tribù dei Quraysh ostili alla nuova fede che il Profeta stava proclamando.
Nel testo storico di Ibn Ishaq’s viene citata l’Etiopia. «Se dovessi andare in Abissinia (sarebbe meglio per te), perché il Re non tollererà l’ingiustizia ed è un Paese amico finché Allah non ti libererà dalla tua angoscia». In esso si narra dei gruppo dei primi musulmani riparati in Etiopia «avendo paura dell’apostasia e fuggendo verso Dio con la loro religione. Questo è stato il primo hijra (migrazione)». Quando i Quraysh seppero che i compagni di Maometto potevano tranquillamente praticare la loro religione in Abissinia decisero di inviare un’ambasciata al Negus, il Re appunto, per chiedere che mandasse indietro i fuggiaschi. Scelsero due inviati, ‘Amr ibn al–’As e Abdullah bin Rabiah, e diedero loro doni per il re e i suoi generali. Gli inviati spiegarono al Negus che gli emigrati erano «giovani sciocchi» che avevano inventato una nuova religione, ma il re si rifiutò di consegnare le persone che avevano cercato la sua protezione senza averli prima ascoltati.
Ja’far ibn Abi Talib, che era il capo degli esiliati, poté così parlare al Negus. Descrisse la missione profetica di Maometto e parlò delle persecuzioni subite. Il Re chiese se avessero con loro qualcosa che «era venuto da Dio», e così Ja’far recitò un passo della Sura di Maria. Il re dopo averlo ascoltato pianse ed esclamò: «In verità, questo e ciò che Gesù ha portato ( Vangelo) è venuto dalla stessa fonte di luce ( miškat)». Poi proseguì dicendo che non avrebbe mai abbandonato i musulmani. È per questo che anche tra i missionari occidentali si ritiene non vi possa essere in Etiopia un attentato di matrice islamista. Nulla è mai scontato, ma la storia pesa e la tolleranza e l’accoglienza sono “costruzioni” che reggono al tempo. E, come ha dimostrato l’analisi delle scatole nere del Boeing 737, il “killer” del 10 marzo è stato un software.