«Nessuno detti la vostra agenda, tranne i poveri, gli ultimi, i sofferenti... Partite dalle periferie, consapevoli che non sono la fine, ma l’inizio della città»: l’ha detto il Papa ai «cari amici di Avvenire». L’agenda del giornale che abbiamo tra le mani viene dettata, dunque, da coloro che nel mondo contano poco o niente, da quegli "scarti" cui spesse volte si guarda con fastidio. Le periferie viste come ingresso e non zavorra della società. «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» cantò la mamma di Gesù. La vera rivoluzione è questa. Chi vuole essere se stesso, andare controcorrente, chi vuole essere davvero libero, deve partire da qua. A dire il vero questa strada Avvenire la percorre già. Delle periferie si è sempre occupato. Qui la vita è bistrattata, umiliata, calpestata ma a tanti non interessa perché è più facile scansarli, i problemi, che affrontarli; è più facile fingere di non vederli che sporcarsi le mani dopo averli visti. E il silenzio, a volte omertoso, a volte ignavo, è la linfa vitale per chi dalle periferie malfamate e sporche trae le proprie fortune. I quartieri a rischio, in Campania e altrove, sono ostaggio della malavita organizzata, un sistema oppressivo per la povera gente, per chi non si rassegna a essere 'scarto', chi vuole per i propri figli le stesse opportunità che hanno i figli degli altri, chi brucia per la sete di libertà, di giustizia, di legalità. Il Papa ha chiesto al nostro giornale di puntare gli occhi da queste parti. Gliene siamo immensamente grati, giornalisti e lettori.
Occorre liberare le periferie da coloro che le tengono prigioniere. Perciò vogliamo portarci in una periferia di Napoli, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, dove accadono cose da far accapponare la pelle. Siamo riconoscenti a don Modesto, parroco di San Giuseppe, che ce le fa conoscere. Don Modesto, senza paura, dice che la camorra compra la fame della povera gente. Non è una novità, la camorra cerca i poveri come i gatti cercano i topi. Ha un fiuto speciale per scovarli. Di loro conosce tutto, sa quando ignorarli e quando farsi avanti: una malattia, il matrimonio di una figlia, un funerale. Si presenta come un agnello ma dentro è un lupo rapace. Offre aiuto, paga le bollette, presta denaro. Trova lavoro, risolve problemi. Come un ragno va tessendo attorno al malcapitato una tela velenosa. Don Modesto non se ne sta zitto. Certo è pericoloso, lui lo sa, la camorra non ha simpatia per i preti che non si limitano a confessare e dire Messa. E glielo fa capire, in mille modi. Il giovane parroco però è deciso. Parla. Racconta. Organizza marce. Denuncia cose che tutti sanno ma che pochi sono disposti a dire. Nel suo quartiere oltre alla 'stese' – bande di delinquenti che, pistola in pugno, a bordo di moto o scooter, di notte o in pieno giorno, vanno alla ricerca del nemico da colpire – la camorra mette le pistole in mano alla povera gente, ai disoccupati, agli affamati e li costringe a sparare. All’inizio senza un obiettivo, così, per aria. Per fare 'ammuina', intimorire, creare scompiglio. E quelli, magari con la mano che trema, con la consapevolezza di poter colpire un innocente, lo fanno. Per una manciata di monete. Anche queste sono le periferie che stanno a cuore a Francesco. E come potrebbe essere il contrario? Un operaio senza più lavoro che per fame impugna una pistola rischiando di finire in galera o al camposanto è un uomo da salvare prima che da condannare. Un malato che può ancora essere guarito. E allora guardiamo alle periferie senza preconcetti. Il Papa lo ha chiesto ad Avvenire. E se anche grazie al giornale che ci è caro gli ultimi arriveranno nelle agende di chi detiene il potere avremo contribuito a rendere un grande servizio all’umanità.