Il segreto è in una materia che non si impara sui libri di scuola. Per capire il senso, il filo rosso della domenica del Papa a Cesena e Bologna, bisogna studiare e possibilmente mettere in pratica la «matematica di Dio», quella spiegata dal teorema: si moltiplica solo se si divide. Un principio base che significa condividere i beni, certo, ma soprattutto rinunciare a se stessi, abbassarsi, svuotarsi delle proprie sicurezze per mettersi in ascolto della Parola e, insieme, degli altri. Lo ripete Francesco, lo insegna il Vangelo, disciplina che notoriamente si acquisisce più con il cuore che con la ragione, sporcandosi le mani anziché tenendole magari pulite ma in tasca, lontane da ogni rischio. Di qui, al mattino, l’invito alla buona politica, quella che rifiuta la corruzione come il più nocivo dei tarli e si spende fino al "martirio" bianco, che significa saper mettere in discussione le proprie idee per camminare con gli altri verso il bene comune.
Un invito che al pomeriggio, nello scenario bolognese di piazza San Domenico, ritornerà anzi culminerà nell’invocazione «a non essere invasi quotidianamente dalla retorica dell’odio e della paura» a «non venire sommersi dalle frasi fatte dei populismi o dal dilagare inquietante e redditizio delle false notizie». Perché il bravo amministratore non guarda solo al tornaconto immediato, ma sa leggere i segni dei tempi alla luce di un orizzonte ben più vasto, quello della comunità che gli è affidata, a costo di perdere punti nei sondaggi e probabilità di essere rieletti. Un impegno da condividere con il mondo della scuola, universitario soprattutto, chiamato a testimoniare che la ricerca del bene è la chiave per riuscire veramente negli studi e che l’autentica conoscenza non può prescindere da tre diritti: il diritto alla cultura, il diritto alla speranza e il diritto alla pace. Punti cardinali, meglio stelle polari, per orientare il cammino di costruzione di un futuro libero dall’egoismo, in cui imparare a essere responsabili di sé e degli altri.
Ecco allora il dovere dell’educazione alla pace, rilanciata con le parole del cardinale Giacomo Lercaro: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male». Ecco il sogno di un nuovo umanesimo europeo, cui «servono memoria, coraggio, sana e umana utopia». Ecco, nell’omelia della Messa allo stadio Dall’Ara, il rifiuto di una vita cristiana fatta a tavolino. Che non può esistere, che non c’è, perché ogni uomo e unico e irripetibile, perché da solo nessuno può farcela, perché il cammino del credente procede come l’itinerario «umile di una coscienza mai rigida e sempre in rapporto con Dio, che sa pentirsi e affidarsi a Lui». Un sentiero illuminato, da tre luci splendenti di verità, da tre indicatori di percorso, o più semplicemente, per dirla con il Papa, da tre "p". La prima indica la Parola, «bussola per non perdere la strada di Dio». La seconda richiama il pane eucaristico, «perché tutto comincia dall’Eucaristia» ed è lì che si incontra la Chiesa.
Infine la 'p' di poveri, obiettivo e insieme nutrimento della carità, in cui troviamo Gesù che «nel mondo ha seguito la via della povertà e dell’annientamento » di sé. Una scelta d’amore le cui tracce sono ben visibili, all’occhio che sa guardare con il cuore, nel viso stanco di fame e guerra, del rifugiato. Negli anziani vergognosi della propria solitudine. Nel senzatetto che al mattino vedi piegare la schiena sotto il peso di un sacco riempito soltanto di stracci. Negli ultimi tra i rifiutati, con cui il Papa ha voluto pranzare nella Basilica di San Petronio, a ricordare che la Chiesa è di tutti, che Cristo non scarta nessuno, che ciascuno di noi è un viandante, un «mendicante di amore e speranza».
Perché la carità «non è mai a senso unico» e, a guardarsi bene dentro, dà maggiore gioia offrire che ricevere, tutti donano e ricevono qualcosa, ha più sapore un povero pasto condiviso che un ricco banchetto solitario. Ma ci vuole coraggio per capirlo. E umiltà. Il coraggio e l’umiltà di imparare la matematica di Dio, una materia che non si studia sui libri di scuola.