L’agenzia di stampa Novosti, strettamente legata al Cremlino, ha pubblicato nei giorni scorsi un intervento a firma di Timofey Sergeytsev, qualificato membro del think-tank di Putin. Vi si parla di “denazificazione” dell’Ucraina, espressione frequente di Putin, ma con una brutalità e una franchezza sbalorditive. Titolo: “Cosa dovrebbe fare la Russia con l’Ucraina“. Svolgimento: «La denazificazione è necessaria in quanto una parte significativa del popolo – molto probabilmente la maggioranza – è stata dominata e attratta dal regime nazista».
Ma, oltre a coloro che hanno preso le armi, «è colpevole anche una parte significativa delle masse, che sono naziste passive, complici del nazismo». Occorre dunque una radicale operazione di pulizia: che si realizza «attraverso la repressione ideologica degli atteggiamenti nazisti e una severa censura: non solo nell’ambito politico, ma anche necessariamente nell’ambito della cultura e dell’istruzione».
Certo, sarà un lavoro lungo. Ci vorrà pazienza. «I termini della denazificazione non possono in alcun modo essere inferiori a una generazione » si legge, poiché «la nazificazione dell’Ucraina è continuata per più di 30 anni, almeno a partire dal 1989». Cioè, dalla caduta del Muro, da quella che ingenuamente noi europei credevamo essere stato uno storico momento di libertà. «La particolarità della moderna Ucraina nazificata – continua con convinzione l’editorialista – sta nell’ambivalenza, che permette al nazismo di essere mascherato da desiderio di “indipendenza” e da un percorso “europeo” (occidentale, filoamericano) di “sviluppo”». «Il nome stesso di Ucraina dovrà essere cancellato», conclude l’arti- colo, netto. «L’Ucraina, come la storia ha dimostrato, è impossibile come stato nazionale e i tentativi di “costruirne uno” portano naturalmente al nazismo». Ci sarebbe da sperare in una fake new, ma Novosti è agenzia di stampa statale, e non ci scrive chiunque, e non certo qualsiasi cosa.
Forse l’uscita del documento era programmata per un momento, l’inizio di aprile, in cui si credeva al Cremlino che l’Ucraina sarebbe stata conquistata? Certo, chi legge sbarra gli occhi: questa è la lingua dell’impero sovietico, è stalinismo resuscitato. 25 anni di rieducazione? Vengono in mente i gulag, viene in mente Solgenitsyn. Ma che simili parole affiorino in Europa, a 77 anni dalla fine della ultima Guerra, a 33 dalla caduta del Muro di Berlino, dalla voce di Wojtyla e dalla rivoluzione di Gorbaciov, sgomenta: soprattutto mentre l’Ucraina, che sognava la Ue, è sotto un feroce attacco. Cioè: non volevano, a Mosca, semplicemente il territorio dell’Ucraina.
Volevano rieducarla, entrando nell’istruzione, quindi nelle scuole e università, e nell’educazione – quindi in tutto, dalla fede alla libertà personale. L’articolo sulla Novosti, pubblicato nei giorni della scoperta delle atrocità di Bucha, è più sommessamente ma quasi altrettanto raggelante. Questa sembra non solo una guerra, ma una guerra di mondi, di modi opposti di intendere l’ordine sociale. Di qua le democrazie, con tutti i loro difetti.
Di là la pretesa di riportare indietro con la forza la lancetta dell’orologio della storia. E qui in Europa, sì, è vero, questo ci colpisce maggiormente di guerre pure atroci, ma lontane. Perché da tre generazioni ormai credevamo, eravamo anzi assolutamente convinti, che la storia progredisse, e che di “rieducazioni” al non umano, da noi, non ce ne sarebbero state più.