Come sarà ricordata questa Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona? Perché, se è vero che tutte le Gmg si somigliano tra loro, come in famiglia accade tra fratelli e sorelle, è altrettanto incontrovertibile che ognuno dei 15 raduni mondiali succedutisi da Buenos Aires 1987 a oggi ha una sua precisa fisionomia. Roma 2000 ad esempio è legata alle “sentinelle del mattino”, quella di Denver nel 1993 alle cinque “E” (ecologia, economia, e via di seguito) che ne avevano accompagnato la preparazione, mentre Colonia 2005 fu la Gmg dei due Papi, perché venne indetta da Giovanni Paolo II e celebrata da Benedetto XVI.
Lisbona 2023 invece è stata la Gmg del dopo pandemia. E il messaggio simbolo che potrebbe diventare la locomotiva di tutto il resto è il “non temete”, che papa Francesco ha ripetuto più volte e con forza domenica mattina nella messa finale. “Sì, proprio a voi giovani Gesù dice: ‘Non temete’”. Messaggio solo apparentemente semplice. In realtà capace di calarsi nel profondo nel clima di paure, incertezze, sfiducia, sentimenti di inadeguatezza e diffuso pessimismo sul futuro da parte di una generazione che dalla pandemia ha ricevuto gravi contraccolpi psicologici e che guarda ora ai foschi scenari di guerra con crescente preoccupazione.
Papa Francesco ha compreso con le antenne del suo cuore di pastore che a questi giovani, venuti ad ascoltarlo da tutto il mondo a prezzo di enormi sacrifici, anche economici, bisognava dare un motivo di speranza in controtendenza con la mancanza di lavoro, con la precarietà degli affetti, con la povertà crescente, con gli squilibri economici ed ecologici. Una roccia alla quale aggrapparsi e dunque la spinta per un nuovo inizio. Così la sua comunicazione – lo ha spiegato egli stesso nella conferenza stampa sull’aereo – ha messo da parte i discorsi scritti ed è andata all’essenziale, al messaggio semplice e diretto, da cuore a cuore, si potrebbe dire.
Il “non temete” finale ne è la sintesi mirabile e insieme potente come una catapulta, perché scavalca i profeti di sventura e proietta i giovani e la Chiesa nella dimensione del rimboccarsi le maniche per ritessere la trama dell’umano nei diversi campi della vita sociale e politica, nelle relazioni internazionali, nei rapporti con il creato e in definitiva nella costruzione della pace. Quando il Papa dice che il futuro non deve spaventarci, che un mondo diverso è possibile, non è un inguaribile ottimista, né la sua è solo un’amichevole pacca sulla spalla dei giovani. Francesco parla come latore di una certezza. Cristo stesso è la roccia. Egli cammina nella storia al fianco degli uomini e non li abbandona mai, specie nelle situazioni più difficili.
La sua preghiera silenziosa a Fatima davanti alla Madonna, laddove le apparizioni mariane hanno posto il seme perché la storia del ‘900 cambiasse, lo dimostra. E lo dimostrano anche le fatiche di questo viaggio intrapreso a 86 anni e a poca distanza da un importante intervento chirurgico. Se Francesco non ha rinunciato alla Gmg neanche questa volta (ed è stata la sua quarta partecipazione alla Giornata mondiale) è perché crede fermamente che far incontrare i giovani con Cristo, far risentire loro il suo “Non temete” è la pietra angolare sulla quale costruire il futuro superando ansie, incertezze e scoraggiamenti paralizzanti. Da questo punto di vista la Gmg del “non temete”, la Gmg del dopo pandemia, la Gmg chiamata a indicare la via della pace, è potremmo dire sorella gemella di quella di Roma 2000 in cui san Giovanni Paolo II disse ai giovani: “In realtà è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso (…). Non abbiate paura di affidarvi a lui”. Parole che sembrano scritte anche per Lisbona 2023. La Giornata mondiale del “non temete”. La Gmg che finalmente spinge a guardare avanti senza paura.