sabato 18 luglio 2020
Dal Consiglio d’Europa un progetto di azione sugli interrogativi aperti dall’impatto di tecnologie e pandemia
Le sfide che si profilano: il governo delle nuove frontiere in medicina, l’accesso equo alle cure, l’integrità dei pazienti più fragili, un coinvolgimento ampio dei cittadini

Le sfide che si profilano: il governo delle nuove frontiere in medicina, l’accesso equo alle cure, l’integrità dei pazienti più fragili, un coinvolgimento ampio dei cittadini

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Covid-19 ha stabilito nuove priorità nel calendario di lavoro delle istituzioni di tutto il mondo: non fanno eccezione i Comitati etici e di Bioetica nazionali e internazionali che in questi mesi si sono pronunciati su tanti aspetti della pandemia. Anche il Comitato di Bioetica del Consiglio d’Europa (Dh-Bio) ha modificato la sua agenda. Dopo una dichiarazione in aprile sui diritti umani in pandemia – Dh-Bio Statement on human rights considerations relevant to the Covid-19 pandemic – ha organizzato due seminari interni su alcuni aspetti del contagio: il primo sui test diagnostici – Covid-19 testing-Key human rights and ethical concerns – e il secondo sulla promozione della alfabetizzazione sanitaria – Promoting health literacy in the context of a pandemic: relevance and challenges. Iniziative dettate dall’emergenza che stiamo attraversando ma ben inserite nel Piano di azione del Dh-Bio per i prossimi anni, condiviso e supportato dal Comitato dei Ministri lo scorso 12 febbraio, lo Strategic Action Plan on Human Rights and Technologies in Biomedicine (2020-2025) quando ancora il nuovo virus sembrava lontano.

È il frutto di anni di lavoro del Dh-Bio insieme a esperti esterni, iniziato con la conferenza dell’ottobre 2017, nel 20° anniversario della Convenzione di Oviedo: una carta fondante della bioetica, di riferimento mondiale, vincolante per gli Stati che hanno aderito (l’Italia non ha completato la procedura di ratifica, uno stop attualmente immotivato). Il Piano strategico di azione è un documento snello e denso che individua alcune problematiche emergenti in bioetica, indicando come il Dh-Bio si impegna ad affrontarle alla luce della Convenzione di Oviedo: uno strumento operativo interessante anche per i non addetti ai lavori, perché delinea i temi su cui saremo chiamati a decidere nei prossimi anni, sia come governi e istituzioni che come cittadini. Il nesso con la Convenzione di Oviedo sta nell’approccio scelto e nella visione dell’intero documento: la bioetica non è 'cultura del limite' ma promotrice di diritti umani, nella consapevolezza di un necessario bilanciamento fra protezione dei singoli individui e rispetto della loro autonomia. I diritti umani così come li conosciamo sono messi alla prova dalle nuove tecnologie emergenti, ed è significativo che nel momento in cui la loro proliferazione sembra trionfare uno dei più rilevanti consessi istituzionali in bioetica ribadisca parole antiche come governo, equità, integrità, e si interroghi sul loro significato nel nuovo contesto biotecnologico, pur sempre nel cono di luce dei diritti umani.

Il Piano si basa su quattro pilastri: tre tematici che potremmo visualizzare come colonne verticali, e uno comune a tutti, che possiamo pensare come una trave orizzontale. C’è poi una tempistica dettagliata per le azioni da intraprendere e i risultati da produrre. Le tre colonne tematiche sono la governance delle tecnologie, l’equità nella sanità, l’integrità fisica e mentale, tutte poggiate sull’asse trasversale della cooperazione e comunicazione. Va sottolineato che si parla di governance e non di administration, una parola che nel Piano non compare mai. Il problema è governare, cioè prendersi la responsabilità di guidare le dinamiche insite in ambiti di frontiera come l’intelligenza artificiale, il gene editing e le neurotecnologie. Non basta appena amministrare, cioè attuare correttamente le procedure che nel tempo si consolidano in ciascun settore, né limitarsi a contenere i rischi che man mano si palesano. E poiché il problema va affrontato secondo la visione della Convenzione di Oviedo, il Dh-Bio innanzitutto si impegna a rileggerne l’articolo 13 – «Interventi sul genoma umano» – per eventualmente aggiornarne il testo o l’interpretazione. Fra le azioni di questa prima colonna del Piano c’è poi l’esame delle implicazioni delle neurotecnologie sulla privacy, la personalità e la discriminazione, mentre per l’intelligenza artificiale è prevista l’elaborazione di un report dedicato alle sue applicazioni sulla salute, in particolare nell’impatto sulla relazione medico-paziente. Su tutto questo va avviato un dibattito pubblico che coinvolga i cittadini, gli addetti ai lavori e i politici, con un’attenzione ai princìpi di reciprocità e solidarietà nella condivisione e diffusione dei dati genetici e sanitari, necessari per il successo delle nuove tecnologie. È evidente che la concezione di privacy così come l’abbiamo conosciuta finora è inadeguata e da ripensare, e il dibattito che in prospettiva va ad aprirsi si annuncia interessante.


Non sono più temi per specialisti ma riguardano la vita di tutti, come ha chiarito l’emergenza globale.
Occorre quindi riflettere sulla «nuova normalità» imposta dalla presenza del virus.
Vanno respinte le tentazioni ideologiche sulla condizione dell’uomo e dei suoi diritti in uno scenario dominato dalle biotecnologie


Non meno impegnativo il secondo pilastro del Piano, che rilegge l’articolo 3 della Convenzione – «Accesso equo alle cure sanitarie» – pensando alle potenziali disparità che le terapie e le tecnologie innovative in ambito medico possono creare nell’attuale contesto demografico europeo, segnato dall’invecchiamento della popolazione e dalle migrazioni: Covid-19 non era ancora all’orizzonte quando questo tema è stato individuato ed elaborato, ma è evidente che le problematiche emerse dalla pandemia investono soprattutto questa parte del Piano. Il Dh-Bio intende lavorare per una Raccomandazione «sull’accesso equo e tempestivo ai trattamenti innovativi e alle tecnologie nel sistema sanitario», perché ognuno dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa possa combattere efficacemente le disparità in ordine alla salute delle persone che lo abitano, disparità che già emergono vistosamente per via dei cambiamenti sociali e demografici a fronte degli sviluppi biotecnologici. Per quanto riguarda le persone anziane, in particolare, il Comitato intende sviluppare una guida di alfabetizzazione sanitaria per facilitarne l’accesso ai servizi, dei quali spesso, anche quando già sono disponibili, le persone anziane non conoscono l’esistenza e soprattutto non riescono a comprendere le modalità di fruizione.

La terza colonna è quella dell’integrità fisica e mentale delle persone rispetto alle recenti tecnologie che consentono modalità nuove di monitoraggio e intervento sulla salute, specie in neurologia e chirurgia. Il Comitato intende approfondire il tema del coinvolgimento dei bambini nelle decisioni sanitarie che li riguardano, con una particolare attenzione alla loro salvaguardia rispetto a interventi che possono avere effetti a lungo termine. È uno degli aspetti più delicati del Piano, visto il ruolo fondamentale e insostituibile dei genitori nell’educazione e nella crescita dei propri figli, necessario proprio per lo sviluppo di una sana autonomia. Analoga attenzione per le persone con difficoltà legate alla propria salute mentale: se da un lato il Dh-Bio ne auspica la partecipazione, per quanto possibile, alle decisioni mediche che le riguardano, dall’altro sta già lavorando sul tema dei trattamenti sanitari obbligatori, per evitare ogni forma di abuso e rendere il ricorso a questi mezzi solo in casi eccezionali, con i massimi controlli, le migliori tutele e garanzie. Al tempo stesso il Comitato si impegna a produrre un compendio di buone pratiche alternative a questo tipo di trattamenti, al fine di eliminarli.

Cooperazione e comunicazione è la quarta, ultima, trasversale colonna del Piano, che prevede in primis una collaborazione fattiva fra i numerosi organismi dentro e fuori il Consiglio d’Europa che hanno voce in capitolo in bioetica. Necessaria, quindi, la diffusione dei lavori del Dh-Bio: in questo senso bisognerà utilizzare al meglio i vari canali della Rete per una diffusione capillare dei materiali prodotti, ma soprattutto avviare un dibattito pubblico che sia veramente tale, cioè aperto e accessibile a chiunque. Forse è questa la sfida più grande: coinvolgere il maggior numero di persone possibile nella riflessione sull’impatto delle biotecnologie nella nostra vita, respingendo tentazioni ideologiche e interrogandoci piuttosto sulla nuova condizione umana che stiamo disegnando. A maggior ragione adesso, all’ombra della nuova normalità imposta da Covid-19.

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