Ad aprile di quest’anno una minuscola delegazione del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta riuscì ad avere una breve interlocuzione a Strasburgo con l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e le politiche di sicurezza, Josep Borrell, per esporre le ragioni dell’urgenza e della necessità di istituire un Corpo Civile di Pace Europeo (CCPE).
La risposta del politico spagnolo fu più o meno questa: il progetto è assolutamente interessante, ma deve essere avanzato da almeno uno Stato Membro. Successivamente, il 3 maggio, un gruppo di europarlamentari guidato da Patrizia Toia, molto diversificato al suo interno e composto da tanti italiani, si è fatto promotore di un’interrogazione a risposta scritta sul tema, risposta arrivata puntuale da Borrell il 3 giugno in cui si ribadiva, in un quadro di impegno più ampio, quanto già preannunciato durante quel primo breve incontro:
«(…) Per quanto riguarda l'eventuale istituzione di un Corpo civile europeo di pace, il nuovo patto invita a prendere sistematicamente in considerazione il dialogo e la mediazione, così come a potenziare le sinergie e rafforzare la cooperazione con la società civile a tutti i livelli. La maggior parte dei compiti che potrebbero essere affidati a un eventuale Corpo civile europeo di pace vengono già espletati, anche da diversi servizi della Commissione. Nel corso della preparazione, negoziazione e adozione del nuovo patto sulla dimensione civile della PSDC non si è discusso della possibilità di una sua istituzione». Dunque, se ne può parlare se gli Stati chiedono di farlo.
Responsabilizzato da questa apertura così rapida, il Mean ha fatto altri due passi. A fine maggio, in collaborazione con la Pontificia Università Antonianum, ha convocato una conferenza-seminario di due giorni a Roma per discutere in concreto i termini di visione e di operatività di un CCPE.
Alla due giorni hanno partecipato sia parlamentari italiani di diversi schieramenti sia autorità religiose, come il cardinale Zuppi, l’imam di Roma, Nader Akkad, il ministro generale dell’Ordine dei Frati minori, Massimo Fusarelli, il nunzio apostolico a Kiev, Visvaldas Kubolkas, insieme ad intellettuali come l’economista Stefano Zamagni, Gianni Scotto, accademico sulla risoluzione dei conflitti a Firenze, e Piervirgilio Dastoli, del movimento europeista fondato da Altiero Spinelli.
Successivamente, il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta ha ripetuto a Kiev la giornata di studio nella forma della prima conferenza internazionale sui CCPE, sulla base della convinzione che il vero protagonismo ed il sostegno alla proposta non possano che arrivare dall’Ucraina, un Paese che coltiva il sogno europeo più di qualsiasi Stato e che non intende piegarsi ad un’oppressione cinica e beffarda di un potente vicino.
La Conferenza, organizzata dalla studiosa e portavoce del Mean Marianella Sclavi, si è tenuta il 15 ottobre nel Palazzo di Ottobre, a Maidan, nel centro della capitale ucraina. Ad essa hanno partecipato diversi membri del Parlamento ucraino, come Vadim Hayalachuck, due parlamentari italiani, Federica Onori e Giuseppe Provenzano, e l’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo. C’erano, inoltre, sindaci italiani e sindaci ucraini a stringersi la mano in segno di impegno reciproco, c’era l’Anci ed anche l’associazione delle autonomie locali ucraine.
Non solo: la sala era piena di membri della società civile ucraina e animata da 70 attiviste e attivisti italiani del Mean.
Oggi ci apprestiamo a compiere un nuovo importante passo per il cammino intrapreso: ci vedremo in Parlamento, a Roma, nella sede dei Gruppi Parlamentari, dove porteremo la proposta, perché sia ufficialmente il nostro Stato ad avviare il processo per l’istituzione dei CCPE. Nel panorama tragico di questi giorni, l’Italia certamente si è desta, sta facendo avanzare una sua ipotesi “mediterranea” e “divergente” rispetto ai dibattiti solo militaristici in corso e ora potrà prendersi la responsabilità di fare un passo decisivo per innovare la storia.
L’Europa-continente e l’Europa politica, priva di quella Difesa Comune che era stata sognata a Ventotene, e ancora intrisa di quell’umanesimo che ispirò la querela pacis di Erasmo da Rotterdam, ora può e deve fare la differenza nella costruzione competente della pace, in un mondo in cui i conflitti si moltiplicano, alle nostre porte, lontano da noi e dentro di noi.