Il dato più evidente che emerge dalle elezioni abruzzesi è il calo, di circa 15 punti, dell’affluenza alle urne. Naturalmente un conto è votare in primavera, come si fece nel 2005, e un conto è votare a dicembre, peraltro in condizioni metereologiche tutt’altro che clementi. Tuttavia la dimensione dell’astensionismo che, se sommata alle schede bianche e nulle, arriva alla metà dell’elettorato della regione, segnala una protesta che non può essere sottovalutata. Una riduzione così consistente dei voti totali fa sì che la vittoria premii chi ha ottenuto più consensi, rispetto alle consultazioni precedenti, ma chi ne ha persi meno. Stando ai dati attualmente disponibili, rispetto alle elezioni regionali precedenti, che sarebbero il punto di confronto proprio, si vede come il centrodestra, privo questa volta dell’apporto dell’Udc che allora aveva superato l’otto per cento, abbia mantenuto i voti, con l’effetto di una robustissima crescita in termini percentuali. Il centrosinistra, che si è presentato più o meno con le stesse liste del 2005, specularmente, ha subito un calo assai consistente di voti, e ovviamente di punti percentuali. La scelta del Pd e della sinistra antagonista di appoggiare il candidato dell’Italia dei Valori non ha conseguito l’obiettivo di mantenere la maggioranza, mentre all’interno della coalizione il partito di Antonio Di Pietro cresce vistosamente mentre quello democratico ottiene più o meno il risultato che in passato avevano i Ds da soli, perdendo cioè l’intero apporto quantitativo della Margherita. Un altro dato che solleciterà l’attenzione è la riluttanza di una parte consistente degli elettori del centrosinistra a votare, oltre che per i partiti prescelti, per il candidato presidente espresso dall’Italia dei Valori. Il centrodestra ottiene un risultato assai consistente, che supera la somma dei consensi precedentemente ottenuti da Forza Italia e Alleanza nazionale nelle regionali, e anche (sempre parlando di percentuali) nelle recenti elezioni politiche dalla lista del Popolo della Libertà. L’Udc non conferma il risultato delle regionali e si ferma sotto quello delle politiche, quindi perde il tradizionale vantaggio di cui era accreditato nelle elezioni di carattere amministrativo. Naturalmente il centrodestra vittorioso sosterrà il valore generale del test abruzzese, il centrosinistra sconfitto ne sottolineerà invece la specificità locale. Comunque il voto influenzerà le discussioni dei partiti, soprattutto quella del Partito democratico che, nell’imminente riunione della direzione, dovrà anche alla luce del risultato abruzzese verificare il prezzo assai rilevante pagato per l’alleanza con l’Italia dei Valori. Nel centrodestra, invece, il tema che si porrà è quello della possibile ripresa di rapporti con l’Udc, che non sembra in grado di minacciare la tenuta elettorale del Popolo della Libertà, ma mantiene uno spazio che potrebbe essere decisivo in molte competizioni amministrative della prossima primavera. Dal punto di vista dei rapporti di forza tra i poli, infine, sempre nei limiti di un voto locale e condizionato da situazioni particolari, si può constatare che il vantaggio ottenuto dal centrodestra alle elezioni politiche tende ad estendersi anche a situazioni, come quelle dell’Abruzzo, nelle quali invece nel voto di sei mesi fa le forze erano pressoché equivalenti.