Caro insegnante del ‘900, come faremo mai la differenza nell’educazione di giovani ormai disabituati a un atteggiamento di ascolto, di un sapere che non hanno più bisogno di possedere perché connessi ad una rete che supera ogni possibile scibile umano? Una rete che diffonde una quantità di informazioni con cui qualsiasi più che dotto insegnante non potrà mai competere?
Mille volte meglio che ascoltare un “prof” che torna e ritorna sulle cose già dette con un pizzico inevitabile di autocompiacimento nel sentire la sua voce riecheggiare nel silenzio di un’aula. Perché sì, da insegnante del ‘900 posso confermare che esiste una certa soddisfazione nel sapere che i tuoi alunni ti ascoltano e si dispongono pacifici a prendere appunti. Un compiacimento non tanto e non solo personale, però. Un compiacimento che nasce dallo stesso amore per la cultura, con la C maiuscola, di cui ci sentiamo ancora umili servitori, sempre un passo indietro all’onniscienza del tutto. Chi viene dal secolo del ‘900 nutriva questo tipo di venerazione e attrazione verso il sapere, di come stanno le cose, di maneggiare e fiutare la ricerca del conoscere e dell’elevarsi dalla propria condizione di ignoranza. Un’esigenza quasi fisica, accompagnata da una corporalità che in parte non c’è più. Non c’è alcun dubbio che oggi la manualità e sensibilità di penna, foglio, libro, tatto e olfatto si stia via via perdendo. Condividere con un alunno della generazione Z l’emozione di aprire un libro per la prima volta, sentirne l’odore, sentire in sé crescere l’adrenalina nello scoprire qualche nesso tra un fatto e un altro che ne ampli la conoscenza e ne spieghi il divenire, scegliere i quaderni su cui scrivere secondo tatto, colore e gusto delle righe o dei quadretti o una penna per il suo tratto e per come scorre sul foglio. Tutto questo fa parte di un gusto e un amore, a volte anche una piccola ossessione, che non c’è più. A prima vista potrebbe sembrare che il rapporto corpo-sapere curioso e creativo sia andato del tutto perduto, sostituito, senza ritorno, da un rapporto contenitore-sapere passivo ed arido. Nessun tempo e durata nella ricerca faticosa e soddisfacente, ma solo anodina immediatezza di risposte da un unico strumento meccanico enciclopedico. Nessuna emozione, nessun coinvolgimento di organi di senso, solo efficienza ed efficacia. Solo obiettivi e competenze di cui è pieno il nostro presente di insegnanti.
Cosa potrà salvarci da questa ennesima scorporazione, dalla difficoltà al limite dell’impossibile per noi insegnanti del ‘900 di dialogare empaticamente con alunni nativi digitali? Non l’autorevolezza, non il giudizio, e neppure il nostro metterci al loro livello andandogli incontro in tutto e per tutto. Piuttosto credo più nel restare al nostro posto e attrarli verso di noi attraverso il racconto appassionato della nostra esperienza con il Sapere. Un’incantevole esperienza da raccontare. Ci salverà l’intensità di sguardo che nasce pian piano nel narrare una storia vissuta e penata. Il vedersi e riconoscersi diversi ma autentici nel raccontare e provare a condividere assieme, quasi per gioco, la nostra emozione nell’annusare i libri scoprendo che ognuno ha un suo aroma diverso, nel muovere la mano in una scrittura che corre o rallenta al ritmo del nostro pensiero formando quasi un ricamo, una tessitura su carta, l’allegria nel ritrovare in una vecchia cartoleria un nero quaderno sperduto dai fogli giallini, l’eccitazione nell’accarezzarne le pagine lisce, l’incanto di cominciare a leggere un libro a lungo cercato e desiderato.
Se riuscissimo a trasmettere anche solo questo come esperienza di un mondo in via di estinzione, allora saremmo ancora dei bravi insegnanti del ‘900, in contatto con sé e con il mondo e non persi in un presente che fatichiamo a vivere senza riconoscerci. Ritroveremmo la curiosità dello sguardo dei nostri alunni, a volte anche un giudizio di follia, ma poco importa, sarà comunque una connessione, un contatto umano. Sarà un riconoscersi diversi, ma ugualmente umani nello scambiarci la diversa esperienza di sé perché al loro sguardo, curioso e titubante, risponderà il nostro nello scoprire quanto può essere emozionante maneggiare strategie informatiche per raggiungere velocemente il nostro fine. Ci perderemo nelle infinite possibilità di cambiare font, inserire colori, richiami, e mille altre diavolerie che ci affascineranno come bambini.
Ci lasceremo anche noi condurre nell’inebriante emozione di avere a disposizione i libri di tutte le biblioteche del mondo, un tempo irraggiungibili, ci perderemo nell’euforia dell’immediatezza di avere tutto a disposizione per poi sprofondare nell’inevitabile ansia del caos del troppo che paralizza. Poco importa, non sarà una gara a chi ha l’esperienza migliore, non ci sarà giudizio di valore, sarà solo uno scambio di saperi, una condivisione di visioni del mondo. Solo così credo potrà nascere il rispetto reciproco alla base di ogni possibile scambio di sapere, perché la cultura e la Storia possano andare avanti nel racconto dell’umanità.