Caro direttore,
sarebbe sbagliato sottovalutare i ripetuti attacchi e violenze, aggressioni, provocazioni contro immigrati o afro-italiani di questi giorni (il «Far West», paventato dal presidente Mattarella). E infatti anche "Avvenire" lo ha sottolineato. C’è però una difficoltà a identificare chiaramente la patologia morale e sociale che sta emergendo. Questo non è razzismo, si dice, perché nessuno sta teorizzando l’inferiorità delle vittime o la loro diversità biologica. In realtà dobbiamo preoccuparci molto di questo "razzismo senza razza".
Questa forma nuova di intolleranza non è lo stesso razzismo scientifico che ha sostenuto le teorie discriminatorie del XX secolo, e poi le deportazioni degli ebrei d’Europa, fino alla Shoah, la segregazione negli Usa e l’apartheid in Sudafrica. Il neo-razzismo, sottile, o culturale, si distingue da quello tradizionale che pone in gerarchia i gruppi (prima i bianchi poi i neri o gli asiatici...).
Non si basa sull’eredità biologica o genetica della "razza", ma non per questo è meno pericoloso. Afferma comunque che le differenze culturali sono incompatibili e impediscono la convivenza e alla fine giustifica le discriminazioni. Chi assume questi atteggiamenti si difende dicendo che le persone vanno giudicate per quello che sono e non per il colore della pelle. Ma allora perché si alimenta continuamente l’aggressività contro gruppi umani presi nel loro insieme? Perché si definiscono «parassiti» i rom e «delinquenti» tutti gli immigrati? «Io non sono razzista, però…», appare lo slogan del razzista contemporaneo, insensibile davanti al disprezzo e alle discriminazioni.
In quel 'però' c’è il razzismo del XXI secolo, in apparenza politicamente corretto, ma di fatto intollerante verso minoranze e immigrati, oppure contro gli ebrei, o rom, o persone di religione musulmana (e a volte tutti questi gruppibersaglio insieme). Non abbiamo un termine adatto per definire questo fenomeno, dato che la 'razza' non esiste e il neo-razzismo non la invoca o teorizza apertamente, ma non giochiamo con le parole. Definiamolo pure in altro modo ma senza dimenticare che è grave e pericoloso per un Paese tollerare come fosse accettabile questo tipo di razzismo 'normalizzato', ambiguo e diffuso, liberato senza vergogna, per vari motivi. Anzitutto l’odio inquina il clima sociale, degrada chi lo subisce e chi lo prova; da qui si può facilmente scivolare nel razzismo aperto, particolarmente insidioso e pericoloso con l’avanzata dei partiti populisti e xenofobi in Europa; il neo-razzismo, coltivando discorsi di odio, può giustificare atti di violenza più o meno grave, fino ai crimini. La cosiddetta 'Piramide dell’odio' che andrebbe insegnata in tutte le scuole mostra che da una base ampia di parole violente, insulti, pregiudizi si arriva prima o poi al vertice della violenza illegale. Questo scivolamento non è inevitabile, certo, ma dobbiamo porre un limite ora.