Il popolo e la sua carta
venerdì 2 dicembre 2016

In questi giorni, più volte, ho pensato: ma non è che stiamo discutendo intorno alla Costituzione di un Paese che non c’è più? Insomma, perdonerete l’impertinenza, siamo sicuri che una volta decisa di cambiare o di conservare la Costituzione, lei, l’Italia, ci sia ancora? Il dubbio mi viene a leggere i bollettini che quotidianamente ci informano di imprese comprate, interamente o in parte, da capitali stranieri: banche, squadre di calcio, grandi gruppi industriali, senza contare l’entrata in vigore di legislazioni europee che paiono fatte apposta per darci in pasto a forze più ricche e aggressive. Se il patrimonio va in mani straniere, ci ridurremo a "camerieri" se va bene, o a servi, magari animati dal vecchio motto furbastro: "Franza o Spagna basta che se magna", probabilmente da riaggiornare in "Qatar o Cina purché ci sia una minestrina" . Il dubbio poi sulla esistenza di una Nazione, in cui pure si sta discutendo una parte importate della Costituzione, aumenta se si guardano in prospettiva i mesti dati sulla natalità (e ancora la mancanza di serie contromisure) che ci destinano a essere un Paese di vecchi italiani crogiolo o terra di passaggio di nuove stirpi e nuove nazioni.Se poi l’occhio si sofferma su alcuni dati ed esperienze a riguardo della capacità di istruzione e di passaggio del nostro sapere l’esistenza di una cosa chiamata Italia si fa ancora più opaca. Non solo per la crescente e adirata disaffezione al voto, cioè alla partecipazione democratica, non solo per la diminuzione degli iscritti all’Università e per la crisi e le difficoltà della tradizione umanistica e tecnica da sempre origine del nostro tipico "estro" in diversi campi, ma anche per fatti imbarazzanti: in Sicilia, ad esempio, migliaia di ragazzi sono da due anni senza istruzione per un "guasto" nella macchina dei corsi di Formazione, mentre a Bolzano gli stessi tipi di corso partono e si svolgono puntuali. Temo che l’Italia non rinascerà – se mai rinascerà – da una nuova Costituzione o dal mantenimento di quella in vigore. Insomma potremmo ritrovarci con una nuova o vecchia Costituzione bellissima (o belloccia) e però senza più nazione reale. E la nazione reale, si sa, non nasce dalle leggi o dalle regole. Nasce da qualcosa d’altro.Qualche giorno fa un politico di lungo corso come Walter Veltroni ha riutilizzato in una intervista la parola "popolo". Suona quasi strana questa parola in un’epoca dove vanno per la maggiore parole come "individuo" "identità" "gente" "pubblico". Di certo, nessuno può pensare che un popolo sia vivo o lo si rivitalizzi perché ogni tanto lo si convoca per un omaggio alla bandiera o all’inno nazionale per una cerimonia o una partita di calcio. Avremo una Costituzione senza popolo? Cosa occorre perché questo strano popolo che tra l’altro ha costruito buona parte della sua grandezza e prestigio nel mondo quando non era una nazione e non aveva una Costituzione possa essere ancora vivo e vegeto?Più di cent’anni fa, prima delle tempeste finanziarie del 1929 e di quelle recenti che ancora fanno patire i più deboli, un poeta, strano e profetico, Charles Péguy avvertiva che si entrava in un’epoca in cui alle forze spirituali si opponeva una sola forza materiale: il denaro. E che questo pretendeva di dominare tutto. Il denaro non se ne fa nulla dei popoli, vuole consumatori. Non se ne fa nulla delle Costituzioni se non per agire più facilmente. Ma dove sono dunque le forze spirituali di questa Italia che si possono opporre alla "unica forza materiale" che vuole dominare il mondo?Quello stesso poeta oltre cent’anni fa, avvertiva che le crisi di civiltà sono sempre «crisi di insegnamento» cioè di trasmissione di energie spirituali. Dove sono le energie spirituali che hanno fatto dell’Italia – con o senza nuova Costituzione – una terra ovunque invidiata perché abitata dalla bellezza, dall’estro, dalla pietà? Qualcuno pensa davvero di salvare l’Italia con una legge?Comunque vada il Referendum, il giorno dopo ricomincia il vero lavoro – lavoro di insegnamento, di traduzione dell’antico nel nuovo, lavoro di ringiovanimento e di estro – perché l’Italia («sempre ferita», diceva un altro poeta) nasca e rinasca come terra inimitabile. Ma ci vuole la stessa lucida 'partecipazione',e ancora di più, che è stata vissuta, in una spigolosa e scorbutica campagna referendaria, grazie a tante realtà di associazione e di movimento animate soprattutto (ma non solo) da cattolici. Se no la Costituzione, qualunque essa sia, la potremmo anche esporre come uno scheletro di dinosauro in qualche museo.

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