Gentile direttore,
il 9 maggio 2021 sarà il centesimo anniversario dalla nascita di Sophie Scholl, la ragazza del gruppo della Rosa Bianca di Monaco (Weiße Rose) che preparò e diffuse volantini antinazisti dal giugno del 1942 al febbraio 1943, pagando con la vita la scelta di opporsi al potere e di denunciare i crimini e le menzogne del regime. L’impegno e il sacrificio dei giovani della Rosa Bianca per un risveglio delle coscienze contro l’indifferenza possono essere l’ispirazione per una nuova Europa dove «ogni popolo, ogni individuo hanno diritto ai beni della terra!. Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio degli Stati criminali fondati sulla violenza» (dal quinto volantino della Rosa Bianca). A Sophie Scholl è stato di recente intitolato a Bruxelles un edificio del Parlamento Europeo. Venerdì scorso 7 maggio abbiamo parlato dell’attualità dell’impegno dei giovani della Rosa Bianca per una nuova Europa in un incontro al quale hanno partecipato il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, Hildegard Kronawitter presidente della Weiße Rose Stiftung (la Fondazione della Rosa Bianca con sede a Monaco di Baviera), e Michele Nicoletti, primo presidente della Rosa Bianca italiana. È stato il più importante degli appuntamenti che abbiamo promosso nei pomeriggi del 6 e 7 maggio per confrontarci sulla contemporaneità di Sophie, sul soffio che ha accompagnato lo «spirito forte e il cuore tenero» dei giovani della Rosa Bianca.
Fabio Caneri, presidente Associazione italiana Rosa Bianca
Gentile direttore,
il 25 aprile, sottolineando il valore della Liberazione ieri come oggi, nel suo editoriale ha scritto: «La Resistenza al nazifascismo è stata fatta per tutti, anche per quelli che combattevano dalla nera parte sbagliata: è cominciata il 25 aprile 1945 e si è completata il 2 e il 22 giugno 1946 con la nascita della Repubblica e con la pacificante amnistia che porta il nome di Togliatti e il sigillo di De Gasperi (...) errori e orrori smessi e superati: una pietra sopra la guerra e sulla guerra civile, non sulla memoria necessaria, non sui torti e sulle ragioni. Molti hanno avuto torto, ma quelli che grazie a Dio hanno vinto, i partigiani e le partigiane, i soldati del ricostituito Esercito italiano, avevano infinitamente più ragione. E continuano a meritare il nostro grazie e sono ancora oggi il nostro orgoglio e la linfa della democrazia repubblicana. Bisogna ripeterlo, bisogna sapercelo dire e ridire mentre gli anni passano, gli eventi si fanno più lontani, diminuiscono i protagonisti e testimoni diretti di quel primo “25 aprile” e del coraggio, del dolore e del sangue che ci vollero per conquistarlo insieme: credenti e no, politicamente bianchi, rossi, verdi e azzurri. Bisogna custodire e rinnovare il senso della Resistenza e della Liberazione». Concordo: la memoria deve essere coltivata e trasmessa, perché costituisce il filo conduttore di una narrazione condivisa nella quale tutti possano ritrovarsi. La memoria, pertanto va rinnovata incessantemente. È stato scritto, giustamente, che basta saltare una generazione perché vada perduta e, con essa, si perda anche la capacità di riconoscersi in una storia comune. Le faccio una proposta: si faccia promotore di un appello rivolto a tutte le Associazioni partigiane dei vari colori politici perché, in vista delle manifestazioni del 2022, 75° anniversario della Costituzione, si ricomponga lo stesso spirito delle disposizioni emanate dal Cln Alta Italia, in quell’inizio di primavera del 1945, nell’imminenza dell’insurrezione generale, in cui si ordinava a tutte le formazioni, di adottare il Tricolore come unica bandiera e unico segno distintivo dell’unico Corpo Volontari della Libertà.
Marco Castagneri, segretario generale Centro Studi Giorgio Catti
Dico spesso che il mio mestiere è firmare articoli e, da direttore, questo giornale. Ecco perché non firmo appelli se non per motivi eccezionali (la distruzione di Aleppo nell’indifferenza del mondo, per esempio) e in occasioni speciali. Ma ospito e rilancio volentieri gli appelli che lo meritano. E quello di Marco Castagneri che, sin d’ora, chiede che tra un anno, nel 2022, si sia capaci di celebrare un 25 aprile pienamente «tricolore» così come lo vollero i comandanti partigiani nel 1945 è un appello che merita di essere ascoltato e preso sul serio. Castagneri organizza le attività di un centro Studi intitolato alla memoria di Giorgio Catti, un giovane partigiano cattolico ucciso dai parà della Repubblica fascista di Salò che si batté valorosamente per la libertà e l’unità, che bisognava riconquistare per l’Italia, con lo spirito che una frase cara anche a Pier Giorgio Frassati condensa in modo emblematico: «La miglior vendetta è il perdono». E il perdono non è mai ignavia e smemoratezza, ma base di civiltà. Così come una giustizia autentica, che a sua volta è assunzione di piena responsabilità anche personale contro un crimine, e non è vendetta. Per questo ho scelto di far precedere la lettera di Castagneri da quella con cui Fabio Caneri ha annunciato anche a me le iniziative della Rosa Bianca italiana per il centenario della nascita di Sophie Scholl, nome e volto simbolo assieme al fratello Hans della resistenza antinazista cristianamente ispirata dei giovani della Weiße Rose. Una lettera che contiene quella citazione di fulminante attualità in questo tempi di pandemia e di cure diseguali nel mondo: «Ogni popolo, ogni individuo hanno diritto ai beni della terra... ».
C’è un solo punto, per me decisivo, che intendo sottolineare qui oggi, a cento anni dalla nascita di Sophie Scholl e mentre sono stato spinto a rievocare la ribellione senz’odio di Giorgio Catti. L’amore pieno e appassionato per la propria terra e la propria gente di ognuno di noi non è un amore che esclude e allontana, che fa del Tricolore italiano o tedesco e, oggi, dell’azzurro-stellata bandiera d’Europa il simbolo di un recintato pezzo d’umanità e persino uno stendardo di guerra. Da cattolico lo vivo anch’io così, ma penso che tanti non credenti e poco o diversamente credenti condividano questo sentimento e questa consapevolezza. Lo stesso sentiment e la stessa consapevolezza, ne sono certo, che alimentavano in modo esemplare l’impegno civile e la lotta strenua contro il male mafioso di Rosario Livatino, magistrato e martire, oggi riconosciuto Beato. E il servizio di Aldo Moro, statista e – come lo ricordò san Paolo VI – «uomo buono, mite saggio innocente e amico », ucciso proprio in questo giorno 43 anni fa. Il 9 maggio è un giorno che davvero può aiutarci a vedere meglio i veri testimoni del passato che non dobbiamo dimenticare e la strada giusta su cui incamminarci verso un futuro che preme, e che dev’essere già domani.