Come è possibile fermare Putin? È questa la domanda pressante che tutti ci facciamo. Con l’ingiustificata invasione dell’Ucraina, il presidente della Federazione russa ha infatti sconvolto l’equilibrio internazionale. Al punto da rendere verosimile l’inverosimile: un conflitto globale nucleare di cui nessuno è in grado di prevedere le conseguenze. A oggi, la risposta occidentale si basa su tre pilastri. Il sostegno alla resistenza ucraina mediante l’invio di armi; l’adozione di sanzioni economiche, nella speranza di aumentare la pressione sociale sul Cremlino e mettere in difficoltà la "macchina" della guerra russa; l’iniziativa diplomatica internazionale, con la condanna larga (ma non ancora totale) dell’invasione ottenuta in sede di Assemblea generale Onu e l’apertura di colloqui con la Cina. Tutto ciò nella volontà, ribadita da tutti i leader occidentali, di non farsi trascinare nel gioco di Vladimir Putin che sta facendo di tutto per provocare la reazione della Nato e provocare un salto di livello del conflitto.
Il crinale storico su cui ci muoviamo è rischiosissimo: la tenace resistenza ucraina fa da argine all’aggressore, ma ha costi enormi in termini di vite umane e spostamenti di popolazione; le sanzioni economiche danneggiano la Russia ma destabilizzano anche l’economia mondiale, aumentando povertà e disuguaglianza; i passi diplomatici sono delicatissimi e rischiano di allontanare le posizioni invece di avvicinarle. Ogni parola detta (o non detta), ha un peso enorme.
Si può e si deve sperare che Putin perda il consenso interno. Ma è velleitario, almeno nel breve termine, credere in questa soluzione e nel fatto che, se dovesse realizzarsi, sarebbe automaticamente positiva. Il 24 febbraio Putin ha attraversato il Rubicone. E ora è difficile che si fermi.
Queste prime settimane di guerra ci fanno capire che, ancor più di quanto non sia stato vero in passato, la guerra contemporanea può solo distruggere. Per la complessità economica e la ricchezza umana e culturale del mondo di oggi, si avanza solo radendo al suolo intere città. Quanto sta accadendo in questi giorni a Mariupol è identico a quanto è accaduto in Siria, in Libia, nello Yemen, e prima ancora in Bosnia. E Dio non voglia che accada ancora.
È dunque l’allargamento del conflitto che va evitato a tutti i costi. È importante ribadire con forza questo punto. La condanna dell’aggressione non può che essere ferma e inequivoca. Ma fermare Putin oggi implica prima di tutto bloccare il suo tentativo di estendere il conflitto. Significa non accettare il suo gioco, e riuscire a cambiare schema. Può non piacere. Ma l’invasione dell’Ucraina segna la rottura strutturale dell’ordine globale liberale sorto con il 1989. Conseguenza del fatto che in questi 33 anni il mondo è cambiato profondamente. Il tema vero è quello di arrivare a un nuovo ordine globale evitando la guerra.
Comunque, non si tornerà indietro. Comunque, le democrazie dovranno avere a che fare con quella larga parte di mondo – Russia, ma anche Cina, India, Pakistan, etc. – che per tante ragioni non accettano il modello liberale occidentale.
Possiamo e dobbiamo essere convinti del nostro modello culturale. Ma non possiamo immaginare che tutto il mondo sia pronto ad assumerlo. È questo il realismo da cui occorre partire. La Cina non accetterà di rompere l’alleanza con la Russia senza vedere riconosciuto il proprio ruolo di superpotenza mondiale. Ma la stessa cosa vale, su scala minore, per l’India e la galassia islamica.
Si può leggere questo momento storico come propone Francis Fukuyama, è cioè come un grande scontro tra democrazie e autocrazie. Discorso vero nella sua radice. Ma invece di congelare le posizioni – che è quello che vuole Putin – è necessario 'fluidificare' le contrapposizioni, lavorando per costruire una convergenza attorno all’interesse globale per la pace. Che è la vera 'arma' per bloccare la guerra resa aperta dal leader di Mosca.
Accettare di modificare il quadro dei rapporti internazionali attuali è il 'costo' che va pagato per evitare l’avvitarsi del conflitto. Ovviamente, si tratta di un percorso difficile e delicatissimo che va intrapreso con saggezza e attenzione. Con grandi pericoli. Ma non c’è altra scelta.
La trappola in cui Putin vuole attirare la Nato è creare lo scontro 'Occidente vs resto del mondo'. Sarebbe fatale cascarci. Non serve scaldare gli animi. All’Occidente serve piuttosto la saggezza di saper pescare dal suo ricco bagaglio spirituale (sì, proprio da quello!) ciò che è necessario per 'rubare' il gioco di Putin. La nostra prima responsabilità è di dimostrare che le ragioni di cui siamo portatori – proprio perché hanno valore universale – non sono una nostra proprietà esclusiva. Ma possono e debbono trovare eco, anche se con tonalità diverse, in altri universi culturali. È solo a partire da qui che la pace può essere ritrovata.
Il mondo degli ultimi decenni ha fatto un enorme salto di complessità. La logica violenta e distruttiva di Putin è drammaticamente inadeguata. Il mondo si salverà solo se, noi per primi, riusciremo a cambiare logica, iniziando cammini difficili di dialogo che, ovviamente, qui e ora, non possono essere portati avanti con Putin, ma con tutti gli altri attori internazionali. Mai con in questo momento, l’Occidente sente risuonare le parole dell’Amleto: essere o non essere…