Il bottino per Lilì Marlén e il quadro ridato a tutti noi
mercoledì 24 luglio 2019

Gira su You Tube, e me la sono caricata sul telefonino perché è troppo bella, divertente-deprimente, una traduzione italiana della famosa canzone tedesca 'Lilì Marlén', che a un certo punto dice: 'Quando nel fango devo camminar / sotto il mio bottino mi sento vacillar'. Sì, lo so, dentro di voi scatta la repulsione, perché tutti sappiamo che l’originale dice 'sotto il mio fardello', e il fardello ha una logica: lo zaino affardellato è lo zaino pieno di tutte le cose che servono per la marcia. Come sia possibile che chi ha tradotto Lilì Marlén per You Tube abbia messo 'bottino' al posto di 'fardello' non lo so, ma così è, se cercate su You Tube ne trovate conferma. L’unica risposta che mi viene è che nella mente del traduttore il soldato in ritirata richiami il soldato col bottino. Mi ritiro, ma non a mani vuote. Ho perso, ma porto con me tutto quello che posso. Anche opere d’arte? Soprattutto opere d’arte.

In questi giorni in Italia parliamo con gioia del quadro rubato da un soldato tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale e finalmente restituito a Firenze. Quel soldato aveva veramente un bottino al posto del fardello. Forse in patria aveva anche lui una Lilì Marlén che l’aspettava, e non voleva presentarsi a mani vuote. Tornando a casa, correva veloce. E, sotto il suo fardello, si sentiva vacillar.

Restituire le opere d’arte fra Stato e Stato è una questione di diplomazia e di Affari Esteri, ma chiama in causa anche l’arte in sé e noi come pubblico. Dove stava quel quadro, fin che era rubato? In una casa privata. Dove sta adesso, che è stato restituito? In una sala pubblica. Per chi è fatta l’arte, per un privato o per tutti? Per tutti. Ergo, solo adesso quel quadro vive la sua vita.

Un quadro ha un mercato e un prezzo. Esistono quadri di valore che vengono acquistati da chi può e chiusi nel caveau di una banca. Nessuno li vede, si sa che ci sono ma non si sa dove. Questo mistero aumenta il loro valore. Ogni tanto il padrone va a rivederli, li guarda, calcola la loro rivalutazione e li fa rinchiudere di nuovo. Un quadro è un messaggio, come una poesia, una sinfonia, un film. Un messaggio all’umanità. Non dovrebb’essere permesso che un uomo qualsiasi intercetti il messaggio, se ne impossessi e lo nasconda all’umanità. Quel messaggio non parla a lui, parla a tutti. Forse a lui non dice niente, ma fra tutti esiste qualcuno che può intenderlo e capirlo. È interesse di tutti che quel quadro giunga sotto gli occhi di questo qualcuno. Questo quadro rubato a Firenze, una natura morta dipinta dall’olandese Jan van Huysum nel Settecento, fu oggetto di un mercanteggiamento. La famiglia del soldato che se l’era portato via nello zaino era disposta a restituirlo, ma voleva soldi. È la stessa tecnica degli ostaggi liberati a pagamento. Una turpe tecnica militare. La famiglia che si teneva il quadro non meritava di tenerselo.

La canzone di Lilì Marlén è molto bella. Hitler la odiava, perché gli sembrava disfattista. Il che conferma che era bella. Immagino che il soldato, tornando da Lilì, le porti qualche dono, ma se le dice: 'Guarda il bottino che ti porto', non mi piace quel soldato. E se Lilì risponde: 'Quanto bottino!, Danke schoen', non mi piace neanche Lilì. La traduzione di You Tube è proprio sbagliata.

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