Caro direttore,
solitamente mi ritrovo nei suoi interventi anche in tv, ma sulla vicenda del bambino di Cittadella vorrei chiederle: ammesso che il padre avesse tutte le ragioni e che la madre avesse finanche "plagiato" il bambino, quale amore e rispetto quell’uomo ha trasmesso a suo figlio, trattandolo in quel modo? Ripensando a Salomone, sono anch’io convinta che il figlio va affidato a chi è disposto a sacrificarsi al suo posto perché lo ama. Una persona che si comporta nel modo evidenziato da quel video terribile, mi spiace, ma non sa cosa significhi essere padre, essere uomo! Il suo pensiero sembra essere stato che se il bambino non poteva averlo lui, allora non l’avrebbe avuto neanche la madre: e così è stato punito il bambino! Guarda caso, si tratta di un avvocato, persona, cioè che aveva modi e conoscenze per intervenire: con tutto questo, non possiamo far finta che si sia anteposto il bene del bambino! Non in quel modo disumano. Sono una nonna, che prova una grande sofferenza! Con molta stima.
Maria Pia Belletti
Gentile direttore,
sono stupefatto per le sue osservazioni in tv domenica pomeriggio su Rai1 circa l’episodio del bambino del Padovano. Dalle sue parole sembrerebbe che una musica di sottofondo adatta possa modificare un episodio di gravità inaudita. E ancor più mi sorprende che il direttore di un giornale cattolico abbia questa posizione. Forse per lei sarebbe meglio nascondere questi fatti piuttosto che denunciarli, una prassi cara a una certa Chiesa che nulla ha a che fare con il messaggio di verità dei Vangeli.
Attilio Gusmaroli
Per prima cosa, gentili amici, ricapitolo che cosa ho detto in tv (su Rai1) domenica scorsa, invitato da Massimo Giletti a dire la mia sulla copertura mediatica del caso del «bambino strappato» di Cittadella e sulla diffusione del filmato che ha suscitato tante reazioni e che infine (giustamente) la Rai stessa ha scelto di non trasmettere più. Ho detto che quel filmato rappresenta la terribile «continuazione con altri mezzi di una "guerra"», quella dentro una famiglia che si è rotta e che ha come vittima certa un bambino conteso. E questo non significa giudicare, cara signora Belletti, i torti e le ragioni dei due genitori. Cosa che non posso e non voglio fare neanche oggi. Penso, infatti, che ogni figlio ha comunque diritto a sua mamma e a suo papà. A entrambi. Non mi sento, insomma, di trinciare giudizi su una vicenda che conosco per sommi capi, anche se ammetto di aver tremato, da padre, nel venire a sapere che quel papà – per la legge affidatario del bimbo – da anni non poteva giocare e non poteva sedersi a tavola con suo figlio. Credo infatti che la via più umana, quando si distrugge il bene di un’unità familiare, sia quella di non cancellare nessuna delle due figure parentali, madre e padre, e per questo ho cercato, invano, di suggerire anche nel dibattito tv a cui ho partecipato il tema dell’«affido condiviso» dei figli.
Torno sul filmato. Lo considero e l’ho definito "arma di battaglia" e non testimonianza oggettiva perché è stato realizzato da una delle parti in causa (una zia del piccolo), che ha confezionato anche l’agitato e gridato sonoro dello stesso. Ho detto: tentate un esercizio apparentemente paradossale, cioè pensate quelle immagini concitate con un altro sonoro, magari ilare e allegro, e vi accorgerete che potrebbero cambiare di senso, anzi che lo cambierebbero. Questo perché un dettaglio, anche il più importante, non può mai raccontare la "verità" (e la complessità) di una storia. Il problema, poi, è che quel dettaglio, che per un po’ è diventato – persino con tanto di inserzioni publicitarie – lo "spettacolo informativo" del giorno, non sparirà più. Anche se nessuno tornasse a proiettarlo in tv, il suo "file" resterà a tempo indefinito nel web e il piccolo che ne è stato incolpevole e "senza voce" protagonista domani se lo ritroverà davanti, in una delle sue molte versioni, non appena proverà a cercare tracce di sé nel continente digitale. Ecco perché sono così indignato per la diffusione di quelle immagini e del mix crudo e manipolatorio (perché "bellico", nel senso che ho spiegato) che propongono. Altro che nascondere, gentil signor Gusmaroli! Nasconde chi non va al cuore delle questioni sottolineate anche dal caso di Cittadella, nasconde chi fa uso strumentale e persino cinico di una vicenda come purtroppo tante, che lasciano nell’anima di troppi bambini (e di non pochi genitori) unghiate e ferite. Su "Avvenire", invece, ce ne occupiamo con tutta la possibile delicatezza e con seria continuità: in sede di cronaca, nella pagina "è famiglia", con il mensile "Noi Genitori e Figli". Lo facciamo anche oggi, a pagina 3. E continueremo a farlo.