Uno scatto davanti alla "nuova" Notre Dame di Parigi - ANSA
Adesso che il “cantiere del secolo” ha permesso di riaprire la Cattedrale di Notre-Dame, la Francia vivrà un Natale diverso dagli altri. Dopo i grandi festeggiamenti in coincidenza della Solennità dell’Immacolata, Parigi è pervasa dalla gioia per quella luce ormai irradiata ogni sera dal cuore storico francese della fede.
Ma, a ben guardare, c’è molto di più. I pensieri di tanti, credenti e non, restano calamitati dall’eredità di uno strano quinquennio di “vuoto” che è stato in realtà colmato da scoperte, circostanze ed effetti per nulla messi originariamente in preventivo. Insomma, i doni di Natale imprevisti di Notre-Dame.
Il “parto” di un tesoro a colori
Il primo dono è un tesoro archeologico inestimabile. Nel 2022, dentro la Cattedrale, le impalcature per ricostruire le volte avevano richiesto scavi preventivi di verifica delle fondamenta. La sorpresa è stata enorme quando sono stati via via messi in luce circa 3mila pezzi – di cui un migliaio scolpiti – della tribuna che in origine separava coro e navata: il cosiddetto jubé perduto di Notre-Dame, capolavoro un tempo ammiratissimo e magnificamente dipinto, risalente al Duecento e distrutto verso il 1710. Circa 700 dei pezzi scolpiti “partoriti” dalla Cattedrale in cantiere conservano proprio parti colorate, offrendo una testimonianza unica della policromia medievale, come evidenzia la mostra “Far parlare le pietre”, fino al 16 marzo al Museo di Cluny, non lontano da Notre-Dame. Fra i 30 pezzi scoperti esposti, spicca la testa di un “Cristo dagli occhi chiusi” che emoziona per la finezza dei lineamenti e la serenità dell’espressione. Tra gli altri ritrovamenti, una tomba che potrebbe contenere il corpo del poeta Joachim du Bellay (1522-1560).
La rivincita del Medioevo
Pochi altri Paesi, come la Francia, hanno così tanto ricoperto d’accuse, se non calunnie, il Medioevo. Un’epoca di “oscurantismo”, per generazioni fedeli a una certa tradizione di stampo illuministico pronta a disprezzare i secoli che avevano preceduto l’avvento dei Lumi. Nell’Ottocento l’impegno personale dello scrittore Victor Hugo per salvare Notre- Dame fu innescato dallo stato di profondo degrado in cui la Cattedrale versava, in mezzo a venti anticlericali. In questo senso, il cantiere di Notre-Dame, durato un lustro, ha via via fatto riemergere la luminosità, profondità e armonia di tutto il sapere concentrato nell’edificio, a cavallo fra teologia e prodezze architettoniche. «Abbiamo provato un’ammirazione incredibile per l’audacia dei costruttori della Cattedrale. Ci siamo sentiti come sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto», ha ammesso Philippe Jost, il capo generale del cantiere, successore del generale Jean-Louis Georgelin, morto in un incidente nel settembre 2023.
L’intervento sulla chiesa-simbolo
Arca e scuola delle arti
Per le maestranze impegnate, Notre-Dame ha rappresentato innanzitutto un’arca di arti tradizionali da comprendere, anche consultando vecchi trattati. Poi, il cantiere è divenuto sempre più anche una scuola, attorno a tecniche e procedimenti che rischiavano di sparire, ad esempio a proposito delle strutture lignee colossali divorate dal rogo: la flèche, ovvero la guglia centrale che culmina a 96 metri d’altezza, e la “foresta”, cioè la complessa intelaiatura che sorregge il tetto. Dalla scelta dei boschi di querce più adatti fino al taglio tradizionale d’ogni trave con l’ascia in mano, i carpentieri hanno emulato le antiche corporazioni d’arte. Al contempo, considerando i vincoli di una ricostruzione prevalentemente sommitale e nel contesto di una capitale densa come Parigi, si è dovuto innovare molto. Ad esempio, nel progettare le impalcature giganti, o per il trasporto fluviale dei moduli da rimontare. Tanta audacia, dunque, sia guardando al passato sia sperimentando nuove soluzioni, esemplari in chiave futura.
L’armonia del “corpo” restaurato
Come mostra ormai il fulgore delle navate rinnovate, il cantiere ha realizzato qualcosa d’inedito: ridare armonia all’insieme delle “membra” della Cattedrale. Storicamente i restauri avvenivano a rotazione, come nel caso delle vetrate, dei dipinti o delle sculture, lasciando spesso l’impressione di una disomogeneità, ad esempio fra le vetrate appena trattate e quelle ancora annerite dagli agenti inquinanti. Durante il cantiere, dunque, le maestranze hanno dovuto trovare un affiatamento del tutto inusuale per evitare qualsiasi “stonatura”, proprio come musicisti d’orchestra alle prese con una sinfonia. Doti richieste? Spirito di gruppo, umiltà, prontezza d’ascolto e propensione a cambiare le abitudini. Un’opera in cui, al contempo, non si poteva sminuire l’apporto di nessuno. Insomma, un cantiere che ha pure “interpretato” il celebre paragone di san Paolo della Chiesa come un corpo umano, nella Prima Lettera ai Corinzi: «Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo».
Il resto di una galassia che brilla
In Francia il super-cantiere ha pure irradiato luce su tutto il patrimonio religioso. Un tempo dominato solo dagli esperti, il dibattito su come proteggere chiese e altri luoghi di culto è così approdato sui grandi media. In questo clima, la Chiesa francese ha lanciato nel settembre 2023 gli “Stati generali del Patrimonio religioso”, allo scopo di «guardare, interrogare, valorizzare» una miriade di siti. «Possiamo tutti constatare quanto questo patrimonio sia al centro di un interesse continuamente rinnovato», sottolinea il rapporto finale a cura della Conferenza episcopale, pubblicato poco prima della riapertura di Notre-Dame. Fra le iniziative, pure una “Guida per il mecenatismo del patrimonio religioso”, rivolta anche alle fondazioni e agli altri potenziali benefattori, su tutti i vantaggi legati al restauro e alla valorizzazione delle chiese e cappelle disseminate nel Paese, ancora oggi fonte di fierezza per gli abitanti di centri grandi e piccoli. Notre Dame ha dunque riportato un vento di speranza in una sfera a lungo dominata dall’inquietudine.
Scoprirsi in famiglia
Il 15 aprile 2019 dal rogo parigino si era propagato un dolore planetario. Al punto che ancor oggi una parte non trascurabile delle persone, ben al di là della sola Francia, ricorda cosa stava facendo nella giornata fatidica. Da quella sofferenza iniziale, come in virtù di un istinto più forte di tutto, è scaturita una reazione collettiva all’insegna della generosità. Notre-Dame ha così ricevuto il contributo di 340mila donatori. Tanto che alla fine i fondi raccolti hanno superato di circa 140 milioni di euro i bisogni immediati della ricostruzione, permettendo di pianificare nel tempo anche altri restauri. Ecco allora un’altra lezione di Notre-Dame: pure in tempi geopoliticamente tormentati, l’umanità può ritrovarsi come “famiglia”, a ogni livello. Innanzitutto, quello dei duemila “ricostruttori” già nostalgici dell’eccezionale fratellanza vissuta durante il cantiere. Per la Francia politicamente così divisa, invece, una lezione d’unità al di là pure degli steccati della laïcité. Ma l’esempio vale anche per orizzonti ben più larghi.
Quelle radici che danno senso
Pur trattandosi di una sfera più personale e spesso meno appariscente, sono in tanti a pensare che il senso di vuoto avvertito lungo il quinquennio del salvataggio di Notre-Dame abbia favorito un intimo travaglio, al livello delle coscienze, sulle radici spirituali dell’esistenza e sul destino di una nazione di matrice cristiana come la Francia. Il 15 novembre alla processione popolare per il ritorno della statua della Vergine con il Bambino a Notre-Dame hanno partecipato pure dei “convertiti” pronti a testimoniare sull’effetto delle immagini della Cattedrale in fiamme. Inoltre, in questo 2024 della rinascita di Notre-Dame ha colpito il numero di catecumeni adolescenti o adulti battezzati nella scorsa notte di Pasqua in tutta la Francia: oltre 12mila, con un aumento del 31% rispetto al 2023. Come se nel Paese riaffiorasse di nuovo la sete di radici che danno senso.