I giusti conti sul fermo della Diciotti. E ciò che è giusto o ingiusto fare
mercoledì 26 settembre 2018

Caro direttore, torno indietro di qualche settimana. Su “Avvenire” del 29 agosto 2018 ho letto due espliciti richiami alla verità: il santo del giorno e una lettera. Sfoglio il giornale e alla pagina 4 trovo un... pessimo servizio alla verità. Il suo collega Antonio Maria Mira vorrebbe dimostrare che il blocco della Diciotti sia stata un’operazione economicamente molto costosa rispetto all’immediato sbarco dei profughi. Le cifre elencate non fanno una piega, ma il dottor Mira dimentica di evidenziare che se fossero sbarcati subito tutti i 170 profughi lo Stato si sarebbe dovuto sobbarcare 178.000 euro al mese (35 euro al giorno per 30 giorni per 170 migranti). Il che significa che l’accoglienza dei migranti sarebbe costata alle casse dello Stato, per tre anni medi di “ospitalità”, oltre 6.420.000 euro. Rispetto ai 200–250.000 spesi per il blocco, lo Stato ha risparmiato poco meno di 6.200.000. Ma come è possibile che anche un giornale che si dice di ispirazione cattolica pieghi la verità a suo piacimento? Queste sono le cose che allontanano me e tanti altri cattolici da una Chiesa sempre più incapace di dire la verità. Tra i peccati mortali viene inserita la falsa testimonianza. L’articolo di Mira è un esempio di falsa testimonianza che non aiuta a trovare soluzioni serie al problema immigrazione (che non può essere, accogliamoli tutti e poi vedremo).

Damiano Drusiani

Quel giorno, 29 agosto, si faceva memoria del martirio di san Giovanni Battista e il titolo dato alla rubrica curata da Matteo Liut suonava così: «Nessun compromesso per amore della Verità». La lettera a cui lei, caro signor Drusiani, fa riferimento, e che avevamo intitolato «La verità, un concetto da far tornare semplice», era invece di uno degli appassionati lettori stranieri delle edizioni digitali di “Avvenire”, Dennis Fitgerald. Un signore che ama cimentarsi con l’italiano e che ci scrive ogni tanto da Melbourne, in Australia. Ma vengo al punto. Non dubito della sua retta intenzione, caro amico, ma debbo confermarle che quanto Antonio Maria Mira ha scritto è verificato parola per parola, numero per numero. Tant’è che la Corte dei Conti – ne abbiano dato notizia su “Avvenire” del 15 settembre scorso – ha aperto un’indagine sul possibile «danno erariale» provocato dalla condotta tenuta dal ministro dell’Interno nei confronti della nave militare “Diciotti”, della nostra Guardia Costiera, con il suo carico di esseri umani salvati in mare aperto. E il nostro accurato articolo – che si limita a mettere in fila cifre reali e non ipotetiche (come quelle da lei elencate) – è ora parte del fascicolo in mano ai magistrati contabili inquirenti. Comunque, lei ha ragione su un punto davvero decisivo. “Secondo il mondo”, cioè secondo il pensiero dominante e sulla base di una mentalità diffusa e calcolatrice, non far entrare in Italia, e prima ancora non soccorrere in mare chi rischia di annegare, farebbe risparmiare. Così come farebbe risparmiare rinunciare a tenere in piedi un servizio sanitario universale, una scuola aperta a tutti, un sistema previdenziale che si faccia carico “socialmente” anche di coloro che non hanno versato contributi sufficienti, una forma non meramente assistenziale di sostegno ai più poveri... già la solidarietà costa, l’umanità costa, fare la cosa giusta costa... Ma costa anche essere ingiusti. E qualche volta usare male il proprio potere può portare a sprecare soldi pubblici. Non spetta a noi stabilire se questo è davvero avvenuto nel “caso Diciotti”, c’è un giudice naturale che è chiamato a farlo. Se il danno non c’è stato, la pratica verrà archiviata. Se il danno c’è stato, chi ha sbagliato dovrà risponderne perché la legge è e deve restare uguale per tutti. E chi alza di più la voce non ha ragione per forza.

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