Un grido. Un appello vibrante contro la tratta di esseri umani, definita «la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo». Papa Francesco l’ha lanciato domenica, durante la benedizione
Urbi et Orbi, in uno dei momenti più solenni dell’anno, con le telecamere delle tv del globo puntate su quella finestra da cui si domina Piazza San Pietro e, idealmente, l’intera cattolicità. Ebbene, proprio in una circostanza così particolare, il Papa – che da subito ha voluto farsi alfiere degli ultimi, con parole e immagini eloquenti – ha alzato la sua voce per denunciare «l’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia», un egoismo – ha aggiunto – «che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo». «La tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo!», ha ripetuto il pontefice: per sottolineare la gravità del dramma, che vede milioni di donne e uomini oggetto di un traffico che degrada la dignità della persona e l’annulla, riducendola a numero e, in definitiva, a merce.Davanti a questo spettacolo, osceno perché offensivo del disegno di Dio che ha fatto l’uomo a sua immagine, così come davanti al mondo «dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali» (altri due ambiti in cui l’avidità e l’egoismo producono danni spesso irreversibili), Papa Francesco ha levato il suo grido verso Dio, implorando “pace”, ossia il ritorno all’armonia originale tra creatore e creatura. Cos’è, infatti, la tratta di esseri umani se non la negazione del valore infinito di ogni persona, la cancellazione di quella convinzione profonda che fece dire a sant’Ireneo «la gloria di Dio è l’uomo vivente»?È paradossale, ma proprio il traffico di esseri umani, la schiavitù forzata di donne e uomini come manodopera a basso costo o per lo sfruttamento sessuale, rappresenta uno dei frutti avvelenati della globalizzazione. Nessun continente ne è esente. Perché le sacche di povertà ed emarginazione esistono anche laddove gli indici macroeconomici parlando di boom economico, di crescita invidiabile. E così – in una fase storica in cui si fa di tutto per mettere regole e limiti alla libera circolazione delle persone, mentre per le merci non esiste pressoché barriera, in nome del mercato – tante, troppe persone, ridotte a merci, sono fatte passare da un confine all’altro, ad opera di business criminali. Nascoste sotto cassoni di camion, su barconi traballanti, ingannate con promesse di facili guadagni o di un lavoro onesto, migliaia di donne finiscono nel vortice della prostituzione, così come ragazzi e adulti spesso diventano ingranaggi di meccanismi di produzione in cui l’umanità è annichilita. Quando era arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha celebrato per diversi anni una Messa per le vittime della tratta. Nel 2012 il futuro Papa fece suo il grido di Dio rivolto a Caino: «Dov’è tuo fratello?». L’intera omelia è punteggiata di quel severo, implacabile richiamo. L’arcivescovo della capitale argentina concluse con questa frase: «Prendamo coscienza che questa carne schiava è la mia carne, è la stessa che il Figlio di Dio ha assunto». Oggi, da Papa, rilancia con la medesima forza lo stesso grido. Chiedendo a tutti, ciascuno per la sua parte, di farsi carico della «schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo», così da eliminare questa vergogna dalla faccia della Terra.