Il nostro popolo si divide da sempre in italiani veri e italioti. E quest’ultimi, appartengono alla categoria fuori ranking degli italiani-idioti. A Parigi appena è arrivata la notizia del ritiro forzato di Jannik Sinner dai Giochi si è scatenata la prova olimpica della diceria degli untori. Una breakdance di idiozie. Il podio ovviamente spetta agli italiani, ma anche i francesi da Roland Garros e qualche spagnolo devoto al vicerè Alcaraz non ha risparmiato pallettate velenose all’indirizzo del nostro n.1 del mondo. Perché tale rimane Sinner, anche dopo questo ritiro, che per i più caustici ed esperti virologi dell’ultim’ora si tratta di una tremenda ricaduta febbrile. Si va infatti dall’ipotesi della febbre del sabato sera, con un Jannik avvistato in versione Tony Manero nella discoteca vicino al supermercato di Montecarlo dove va a fare la spesa indisturbato, all’asiatica senza rigurgiti di Covid, fino alla più acclarata influenza “Russa”, intesa come Anna Kalinskaya. La collega e fidanzata di Jannik che per i suoi supertifosi è già letteratura, una tolstojana Anna Karenina che ha trafitto il cuore e forse anche la carriera in ascesa di Sinner. Sospettano i soli idioti. Tutto questo solo perché la ragazza lo ha seguito nei caraibi italiani della Sardegna per una tranquillissima e meritata vacanza dopo la lunghissima stagione calda in cui la racchetta rovente di Jannik ha fatto fuori tutti i migliori assi del mazzo e conquistato lo scettro di re del tennis. E’ diventato il n.1, ci ha fatto vincere una Coppa Davis e riportato in Italia quell’insalatiera che non vedevamo dai tempi della tv in bianco e nero con Panatta e Bertolucci, in Cile in maglia rossa, accanto al massimo detrattore di Jannik, il vecchio censore ed ex capitano azzurro Nicola Pietrangeli. Uno dei capipopolo, anche nei giorni migliori di Jannik, dell’opera di smontaggio dell’epica sinneriana. Un’agiografia peraltro fondata su gesti davvero bianchi, candidi e semplici, che quando va bene allora all’italiota fanno gridare al franscescanesimo miracoloso. Ma se poi Jannik, il ragazzo della porta accanto e dall’ombrellino sempre aperto a riparare la raccattapalle di turno, perde una semifinale a Parigi contro l’hombre Alcaraz e addirittura manda il certificato medico e salta l’appuntamento olimpico nella città della sindaca Hidalgo, beh allora tutte le copertine e le ole sperticate di pubblico commosso e critica superaffrancata, vanno a farsi benedire in fondo alla Senna. Ecco, la coscienza degli italioti, anche quando se la prendono con uno dei loro eroi esemplari dello sport, è come questo fiume che scorre lento sotto i ponti di una Parigi olimpica, che basta dargli una ripulitina per farlo sembrare trasparente, ma le macchie secolari restano e tornano sempre a galla.
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