Paolo Gentiloni, commissario europeo all'Economia, in una foto d'archivio (Ansa)
Caro direttore,
di fronte al risorgere dei più miopi egoismi nazionali, sono le sfide ambientali, le crisi umanitarie e le incertezze geopolitiche e commerciali a invocare una forte presenza dell’Unione Europea. Non a caso, con le mobilitazioni di piazza degli ultimi mesi e anche attraverso il voto di maggio per il Parlamento europeo i cittadini hanno espresso chiaramente la volontà che siano le istituzioni europee a indicare il cammino per contenere il riscaldamento del nostro pianeta e fare fronte alle altre sfide globali. Del resto, se non l’Europa, quale altro attore globale può oggi svolgere questo ruolo?
Insediatasi con un mese di ritardo, la nuova Commissione cerca di rispondere a questa domanda innanzitutto con il Green Deal, che intende fare del nostro continente il primo climaticamente neutro entro il 2050. Certo, l’impegno politico e finanziario richiesto non ha precedenti e per questo la presidente Ursula Von der Leyen ha voluto rappresentarne l’importanza storica con la metafora dello sbarco dell’uomo europeo sulla luna.
Del Green Deal, io vorrei anche mettere l’accento sulla seconda parola, deal, patto, che ha il merito di richiamare tutti gli attori alla responsabilità di aderire a quello che potrebbe essere considerato un nuovo contratto sociale. Un patto per la sostenibilità che so essere sollecitato da tempo dal giornale che lei dirige e che inciderà in ogni aspetto della nostra vita economica e sociale, e per l’attuazione del quale dobbiamo dunque lavorare insieme. Spetta a noi far sì che esso sia guidato da quei valori di «un nuovo umanesimo europeo» e da quel «costante lavoro di umanizzazione» di cui ha parlato papa Francesco.
Il Green Deal è anche parte di un rinnovato impegno europeo per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che con i suoi 17 obiettivi (Sdg) e 169 target per lo sviluppo sostenibile ci esorta ad adottare un approccio integrato, inclusivo e universale per raggiungerli prima che sia troppo tardi. Correva l’anno 1968 quando Robert Kennedy in un celebre discorso denunciò l’inadeguatezza del solo indicatore del Prodotto interno lordo per misurare il benessere e il progresso sociale. Da alcuni anni, grazie al lavoro della Commissione Juncker, il monitoraggio dei progressi sociali è stato incluso nel cosiddetto Semestre europeo, ossia nel coordinamento delle politiche economiche comuni.
Oggi, a due settimane dall’avvio della nuova Commissione europea, con i colleghi Valdis Dombrovskis e Nicolas Schmit abbiamo presentato una strategia per la crescita sostenibile che, oltre che sulla stabilità macroeconomica, il rilancio della produttività e i progressi sociali, si appoggerà sul fondamentale pilastro della sostenibilità ambientale. Lavorerò per un vero e proprio cambio di paradigma. L’obiettivo è fare in modo che già nel prossimo ciclo di coordinamento delle politiche economiche, gli investimenti e le riforme strutturali degli Stati membri possano essere stimolati, accompagnati e valutati dalla Commissione anche in considerazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile in ambito economico, sociale, ambientale e istituzionale.
Assicurare coerenza nel perseguimento degli obiettivi è necessario anzitutto per non disperdere le risorse che siamo determinati a investire per sostenere una transizione climatica giusta. Il Green Deal e la rivoluzione digitale sono una straordinaria occasione di crescita, di lavoro e di qualità della vita. Ma so bene che suscitano anche un allarme sociale, che va ascoltato. La Commissione intende per questo istituire un fondo di 100 miliardi di euro per far fronte alle difficoltà specifiche cui andranno incontro alcune regioni e alcuni settori. Risorse che si aggiungeranno a quelle del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo, oltre che al piano pluriennale InvestEu atto a stimolare un afflusso di circa 700 miliardi di investimenti privati.
Se agiamo insieme, crescita, sostenibilità, giustizia sociale e stabilità finanziaria possono convivere e promuoversi mutuamente. Affinché sia possibile, altri passi dovranno però seguire nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, per fare del Semestre europeo un ciclo strutturato di dialogo e di cooperazione tra tutti gli attori in campo. La Commissione dovrà imparare a valutare tanto la solidità dei bilanci degli Stati membri, quanto gli avanzamenti concreti per l’attuazione degli obiettivi in contrasto ai cambiamenti climatici e alle disuguaglianze e in favore dell’economia circolare, dell’innovazione e di un’istruzione di qualità.
Con questo obiettivo, ascolteremo la voce e le proposte del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. E raccoglieremo anche i suggerimenti della società civile, spesso capace di riportare con grande competenza tecnica le aspirazioni e i bisogni di protezione delle persone a cui ogni riforma deve corrispondere. Non dimentichiamo che l’Unione Europea è la prima potenza economica e commerciale del mondo. Se camminiamo uniti verso il futuro, faremo la differenza.
Paolo Gentiloni è Commissario europeo all’Economia