domenica 23 febbraio 2014
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Dopo tre mesi di proteste e repressio­ni, di scontri sanguinosi e fragili tre­gue, la crisi ucraina ha toccato il punto di non ritorno: la rivolta di piazza ha rag­giunto le stanze del potere, lo spirito di Maidan si è impadronito di quel corpac­cione ormai in disfacimento rappresenta­to dagli organi di Stato e dagli apparati di sicurezza ed è entrato fin dentro il Parla­mento riunitosi in seduta straordinaria per deporre il presidente Janukovich, un uo­mo in fuga costretto a cedere il passo a u­na donna, la sua arci-nemica Timoshenko che torna trionfalmente sulla scena poli­tica dopo anni di detenzione. È una baldanzosa e busca accelerazione che gli accordi, imposti dalla troika del­l’Unione Europea a governo e opposi­zione, non avevano previsto, limitando­si a fissare un calendario per la tenuta di elezioni anticipate e la riduzione dei po­teri presidenziali. Richieste che Januko­vich aveva sempre rifiutato. Averle ac­cettate è stato un cedimento, un segno di debolezza dell’uomo forte di Kiev. Da quel momento il blocco di potere inco­mincia a sgretolarsi, la cerchia dei fede­lissimi si spezza e alla fine anche il Par­lamento, con un clamoroso voltafaccia, mette sotto accusa il presidente. La rivoluzione ha vinto ma l’happy end non è garantito. Che il presidente depo­sto denunci un «colpo di Stato» non è cer­to una sorpresa. Ma se queste parole tro­vano eco nelle regioni orientali tradizio­nalmente filo-russe, allora il fantasma spesso evocato di una spaccatura in due dell’Ucraina rischia di diventare una tra­gica realtà. Se poi a gridare contro il sov­vertimento dell’ordine costituzionale è il Cremlino, tutto si complica. A nome del­la Ue il ministro degli Esteri polacco ha ri­battuto che «a Kiev tutto si sta svolgendo in modo legittimo». Ma siamo di fronte alla crisi più grave tra Est ed Ovest dalla fine della guerra fredda. L’Europa ha già vissuto l’implosione di un pezzo del mondo slavo vent’anni fa, nel­l’ex Jugoslavia. Ma una conflitto civile nel­la 'terra di confine' (questo significa U­craina) sarebbe una catastrofe ben più grande. Il popolo ucraino ha sofferto guer­re, occupazioni, fame e carestie negli ulti­mi cento anni. Basta rileggere La Guardia Bianca ,il famoso romanzo di Bulgakov sul­la guerra civile a Kiev nel 1918. Nessuno, osiamo sperare, vorrà rivivere quei giorni.
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