Dopo tre mesi di proteste e repressioni, di scontri sanguinosi e fragili tregue, la crisi ucraina ha toccato il punto di non ritorno: la rivolta di piazza ha raggiunto le stanze del potere, lo spirito di Maidan si è impadronito di quel corpaccione ormai in disfacimento rappresentato dagli organi di Stato e dagli apparati di sicurezza ed è entrato fin dentro il Parlamento riunitosi in seduta straordinaria per deporre il presidente Janukovich, un uomo in fuga costretto a cedere il passo a una donna, la sua arci-nemica Timoshenko che torna trionfalmente sulla scena politica dopo anni di detenzione.
È una baldanzosa e busca accelerazione che gli accordi, imposti dalla troika dell’Unione Europea a governo e opposizione, non avevano previsto, limitandosi a fissare un calendario per la tenuta di elezioni anticipate e la riduzione dei poteri presidenziali. Richieste che Janukovich aveva sempre rifiutato. Averle accettate è stato un cedimento, un segno di debolezza dell’uomo forte di Kiev. Da quel momento il blocco di potere incomincia a sgretolarsi, la cerchia dei fedelissimi si spezza e alla fine anche il Parlamento, con un clamoroso voltafaccia, mette sotto accusa il presidente.
La rivoluzione ha vinto ma l’
happy end non è garantito. Che il presidente deposto denunci un «colpo di Stato» non è certo una sorpresa. Ma se queste parole trovano eco nelle regioni orientali tradizionalmente filo-russe, allora il fantasma spesso evocato di una spaccatura in due dell’Ucraina rischia di diventare una tragica realtà. Se poi a gridare contro il sovvertimento dell’ordine costituzionale è il Cremlino, tutto si complica. A nome della Ue il ministro degli Esteri polacco ha ribattuto che «a Kiev tutto si sta svolgendo in modo legittimo».
Ma siamo di fronte alla crisi più grave tra Est ed Ovest dalla fine della guerra fredda. L’Europa ha già vissuto l’implosione di un pezzo del mondo slavo vent’anni fa, nell’ex Jugoslavia. Ma una conflitto civile nella 'terra di confine' (questo significa Ucraina) sarebbe una catastrofe ben più grande. Il popolo ucraino ha sofferto guerre, occupazioni, fame e carestie negli ultimi cento anni. Basta rileggere
La Guardia Bianca ,il famoso romanzo di Bulgakov sulla guerra civile a Kiev nel 1918. Nessuno, osiamo sperare, vorrà rivivere quei giorni.