Non hanno palazzi in centro da mettere in vendita. E non sono star acclamate anche se vanno in scena da protagoniste tutti i giorni. Eppure hanno la stessa tentazione di fuga di Gerard Depardieu. Quantomeno l’idea dell’«espatrio per motivi fiscali» l’hanno accarezzata. Anche solo come un sogno difficilmente realizzabile. E se l’attore parigino si è indignato per essere stato definito «miserabile», loro si immiseriscono di anno in anno, perché ne viene disconosciuto il valore. Solo che, a differenza di "Obelix", in Francia si trasferirebbero di corsa, proprio per il suo sistema fiscale, quel quoziente che, se non esattamente un obelisco, è una vera pietra miliare, un capolavoro d’equità. Il sogno proibito delle famiglie italiane con figli, infatti, si chiama Parigi. O Lione, o Bordeaux, o magari Mentone. Ma in fondo anche Berlino o Francoforte, andrebbero bene. Purché sia fuori dai nostri confini Irpef. Lo testimonia un sondaggio svolto sul sito dell’Associazione famiglie numerose, quelle con almeno 4 rampolli. Alla domanda «La fiscalità italiana stenta a riconoscere la famiglia: avete mai pensato di trasferirvi in Paesi più sensibili?», infatti, solo il 15% dice di non averlo mai immaginato. Mentre la maggioranza – poco meno del 70% – ha risposto che sì, quell’idea l’ha avuta, anche se per mille motivi non si muoverà dall’Italia. Ma è addirittura sorprendente che il 16% delle "famiglione" abbia risposto con un secco «sì, e lo farò». Come dar loro torto, d’altronde, se solo si guarda alla differente tassazione di un medesimo nucleo familiare in Italia e in Francia. Una coppia con un figlio e 25mila euro di reddito da noi ne versa 3.870 al fisco; Oltralpe solo 391. E addirittura una famiglia con 4 ragazzi e un genitore che porta a casa 60mila euro l’anno ne lascia all’erario oltre 14mila a Roma, appena 766 a Parigi, come ha calcolato la stessa Associazione famiglie numerose. Dopo la fuga dei cervelli e l’emigrazione dei giovani, insomma, il nostro Paese potrebbe fare i conti con un flusso di abbandoni per motivi fiscali. Non con l’uscita di vip, contanti e depositi verso la Svizzera o il Belgio, ma di interi nuclei con lavoro, bagagli e bebè al seguito. Verso uno di quei "Paesi delle meraviglie" nei quali il fisco tiene ben conto di quante bocche si sfamano con uno stipendio, modulando le imposte in maniera diversa. E che si preoccupa sistematicamente di concedere un bonus, un aiuto monetario immediato, quando nasce un figlio. O ancora che – questa poi, da noi sembra una cosa addirittura pazzesca – anziché ostacolare in ogni modo una lavoratrice che ha un figlio, è così intelligente da offrirle un contributo. Affinché possa scegliere se mandare il pupo al nido o restare a casa a curarlo. Perché ormai alla famiglia pare che ci credano solo all’estero. E l’erba del vicino sembra più verde perfino in nazioni dove i governi, da ultimo, mostrano idee un po’ confuse su maternità e paternità. Ma evidentemente sanno far di conto meglio di noi. E capiscono bene le potenzialità – anche solo economiche, per non parlare di quelle sociali – che può avere il riconoscimento pieno del ruolo civile della famiglia. Quanto sia necessario – in un’Europa che invecchia e declina – favorire la natalità e la spinta delle nuove generazioni. E allora se l’Obelix moderno sceglie la ritirata strategica in Belgio, noi eredi diretti dei Romani cominciamo almeno a bere un po’ di pozione magica dei Galli...