Gentile direttore,
ho avuto modo di constatare un sorprendente entusiasmo di politici e amministratori attorno al VII Incontro mondiale delle famiglie, manifestatosi in presenze assidue e affermazioni solenni, e non posso non esprimere l’amara constatazione di come tanta "attenzione" verso la famiglia resti solo teorica in questo Paese in cui non esistono le condizioni per favorirne la creazione (mancanza di asili, assenza di agevolazioni, discriminazione professionale delle mamme...). Quindi mi vien da dire: o questo entusiasmo è vacuo in buona fede (e quindi è l’inettitudine a impedire che si traduca in atti concreti) oppure lo è per malafede ipocrita.
Claudio Brioschi, Milano
Vorrei provare a pensare, caro signor Brioschi, che l’«entusiasmo di politici e amministratori» per la famiglia fondata sul matrimonio che si è manifestato nei giorni scorsi sia l’inizio di una svolta. Vorrei. Ma a parte buone pratiche in poche Regioni (Lombardie su tutte) e alcuni Comuni (grandi, medi e piccoli) non riesco a nascondere a me stesso e ai lettori il panorama deludente e persino desolante che ci sta davanti. La delineata strada verso un fisco amico della famiglia è, purtroppo, tutta da fare dopo anni di quella che ieri il premier Monti ha definito una «devastante» disattenzione. La scelta spetta alla politica, soprattutto in una fase dura come questa e nonostante certo battage politico–mediatico insistentemente orientato in chiave anti–familiare. Se infatti chi ha responsabilità politiche e amministrative non si decide a rispettare davvero (secondo Costituzione) la “risorsa Famiglia” e a investire su di essa senza incentivare con bandi sballati e registri fuori registro precarie alternative a questa «cellula fondamentale della società», il nostro Paese rovesciato dalla crisi e da insensati ideologismi non si rimetterà in piedi. Continuo nonostante tutto a sforzarmi di essere ottimista, ma sento nell’aria l’avvicinarsi di altri terremoti di parole e vedo annunciarsi nuove tempeste e nebbie propagandistiche. E più di un indizio mi porta a concludere che l’epicentro di tutto questo sarà ancora a Milano. Temo, perciò, che la sua sconsolata incertezza tra un giudizio di vacuità e uno di malafede da riservare a certi «entusiasti» incoerenti sia purtroppo fondato. E me ne dispiace immensamente. Sarei felice – come lei, ne sono certo – di essere smentito.