Caro direttore,
pensare all’Africa in modo nuovo: con questo spirito la Commissione Esteri della Camera dei deputati ha celebrato ieri il 58esimo anniversario dell’Unione Africana. In Africa vivono oggi 1 miliardo 300 milioni di persone che saliranno a 2 miliardi e mezzo nel 2050 per raggiungere i 4 miliardi a fine secolo su 11 miliardi circa di abitanti dell’intero pianeta. Chiunque capisce bene che il destino di 4 miliardi di persone non può essere risolto dalle migrazioni. Né possiamo ignorare, che i Paesi africani dovranno affrontare un deficit di spesa aggiuntivo di 285 miliardi di dollari nei prossimi due anni ed è indispensabile un contributo internazionale per la riduzione del debito. Peraltro le grandi sfide globali – cambiamento climatico, lotta alle povertà, migrazioni, regolazione degli scambi, diritti umani – tutte investono direttamente il continente africano.
Lo sviluppo sostenibile e la crescita in Africa è, infatti, una sfida centrale di questo secolo. Lo dimostra l’attenzione dei più grandi players, dalla Cina, presente in forza in tutto il continente, al Brasile, all’India, all’Arabia Saudita, alla Russia. E la nomina di Ngozi Okonjo-Iweala, nigeriana e prima donna, alla guida dell’Organizzazione mondiale del commercio ( Wto) rappresenta bene la centralità dell’Africa. Tradizionalmente i Paesi europei – e anche l’Italia – hanno tenuto distinte le politiche per il Mediterraneo dalle politiche per l’Africa subsahariana, centrale e australe. Naturalmente con i Paesi mediterranei l’Italia e l’Europa hanno rapporti di intensa cooperazione per la prossimità geografica e perché questo bacino marino è la cerniera tra il blocco continentale euroasiatico e quello africano.
E tuttavia diventa sempre più necessaria una piena integrazione tra dimensione mediterranea e dimensione africana. Il Sahara non è più una barriera come ci ricordano le rotte migratorie che giungono sulle coste del nord Africa partendo dal Niger, dalla Guinea o dal Centrafrica. Ed è significativo che l’Egitto, l’Algeria, il Marocco negli ultimi anni abbiano dato impulso a strategie africane. Insomma, occorre essere consapevoli che Europa Mediterraneo Africa sono sempre più un unico 'macro continente verticale' investito da problemi comuni e da interessi comuni che richiedono soluzioni comuni. In questo cambiamento di orizzonte, l’Italia sta già facendo la sua parte.
Per la stabilità politica, la risoluzione pacifica dei conflitti, la lotta al terrorismo in Libia, Gibuti, Somalia, Sahel, Golfo di Guinea. Sul piano sociale vasta è la presenza di Ong, associazioni umanitarie, missioni religiose. Così come il crescente numero di imprese italiane accredita l’Italia come terzo investitore Ue in Africa. Il sacrificio dell’ambasciatore Attanasio è la più credibile testimonianza dell’impegno dell’Italia nel continente africano. Il «Partenariato Italia-Africa», voluto dal ministro Di Maio, punta a un ulteriore salto di qualità: una partnership paritaria per affrontare insieme le molteplici sfide globali a partire dal raggiungimento dei 17 grandi obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Nel suo ruolo di presidente del G20 e copresidente del Cop26 l’Italia vuole mettere in campo, anche con lo strumento del Partenariato, una politica estera fortemente condivisa che promuova pace e sicurezza; cooperazione economica e impulso alla sostenibilità ambientale e sociale; lotta ai cambiamenti climatici e collaborazione culturale e scientifica, governo delle migrazioni.
Sono obiettivi che richiamano anche la responsabilità dell’Unione Europea. Se la Cina e altri Paesi hanno concentrato il loro impegno sui grandi investimenti infrastrutturali (autostrade, porti, ferrovie, impianti energetici, edilizia civile), l’Europa – accanto alla modernizzazione infrastrutturale – può soddisfare bisogni essenziali: strutture educative per una immensa popolazione giovanile; servizi sanitari e sociali, in primo luogo per infanzia; empowerment femminile; promozione di sistemi democratici stabili, di apparati pubblici affidabili, di diritti civili e umani oggi spesso negati o oppressi. E un Migration Compact Euro-Africano costituirebbe uno strumento prezioso per una gestione condivisa dei flussi migratori. Così come essenziale è il contributo europeo per uno sviluppo sostenibile e umano. Ma tutto ciò non sarà possibile se non sconfiggeremo il Covid- 19 garantendo l’approvvigionamento dei vaccini a tutta l’Africa, dove a oggi meno del 1,7% della popolazione è vaccinata. Dalla pandemia è il mondo intero a doversi salvare. Nessuno è al sicuro da solo.
* Presidente Commissione Esteri della Camera