Mattarella-bis, ecco il vero patriottismo
sabato 29 gennaio 2022

Sergio Mattarella succede a Sergio Mattarella. Ed è un gran bel giorno per l’Italia. Il voto della speciale Assemblea chiamata a eleggere il Presidente della Repubblica ha corrisposto infine all’attesa e al desiderio esplicito della stragrande maggioranza del Paese, quella che chiedeva il «Mattarella bis» e non per calcolo ma per gratitudine. Un’infinità di italiani che in questi tribolati anni ha trovato saldo riferimento nel «presidente concittadino», nel suo senso del dovere e del limite, nell’amore per le Istituzioni, nella stima molte volte dimostrata per coloro che fanno e danno lontano dai riflettori.

Patriottismo, come qualcuno, anzi qualcuna, la leader della destra d’opposizione a tutto, aveva evocato quale "prova del sangue" del nuovo inquilino del Colle? Sì, patriottismo. Patriottismo vero: civile, antiretorico, inclusivo, costituzionale. Patriottismo italiano ed europeo. Sanamente laico perché di profonda radice cristiana. E chi conosce sul serio la storia della nostra democrazia sa che questo non è un gioco di parole, ma una cultura preziosa e una costante qualità politica, che Sergio Mattarella ha interpretato con appassionata coerenza per tutta la sua vita.

Un servizio politico così lungo che, a ottant’anni, avrebbe voluto non concludere, ma rallentare, dandogli ritmo e intensità molto differenti. Lo sappiamo tutti, anche perché nel Messaggio di fine 2021 ce lo ha detto, con un sorriso e a chiare note, che si sentiva all’ultima riflessione e all’ultimo augurio da Presidente. E questo, ovviamente, anche per ragioni personali ma, soprattutto, per alto convincimento. Aveva spiegato che cosa l’abbia portato a mutare avviso rispetto a qualche decennio fa, argomentando che non è bene che Capi dello Stato che durano nella carica per sette anni vengano rieletti e che sarebbe stato ancora meno positivo se questo fosse avvenuto per due volte consecutive, dopo il bis imposto, in una impasse diversa e altrettanto seria, a Giorgio Napolitano nel 2013. Eppure, Mattarella si è inchinato all’indicazione pressoché unanime del Parlamento e dei delegati delle Regioni. E anche questa è una dimostrazione esemplare: andare oltre i limiti che si riconoscono e che si vorrebbe tener cari, proprio per il senso del proprio limite che porta a onorare un dovere urgente, stavolta simile a quello per cui – giusto un anno fa – chiamò Mario Draghi a governare il necessario e l’indispensabile con una coalizione giudicata impossibile.

Si dice spesso, e in questi giorni lo si è fatto più volte per commentare lo sfiorire di ambizioni e di "rose" e il moltiplicarsi delle spine sulla via del Quirinale, che in Italia alla Presidenza della Repubblica «non ci si candida, ma si viene candidati». Si dice, ma magari non ci si crede del tutto.

Stavolta, però, non ci sono dubbi: è stato eletto il Non Candidato per eccellenza. E l’amplissimo consenso di sabato sera conferma che di scelta eccellente si è trattato. Più di qualcuno, magari, dirà che è stata anche la scelta disperata di leader politici che avevano sbagliato troppo e che rischiavano di mettere in crisi pure il governo Draghi, dopo aver discusso malamente, mentre si sgambettavano a vicenda, del trasloco dell’attuale premier al Colle. L’importante è che non abbiano sbagliato tutto.

L’Assemblea, del resto, aveva cominciato a votare "Mattarella" in crescendo e senza aspettare permessi dai gran capi. Generali che, al sesto giorno di giri a vuoto, si sono accodati infine alle truppe parlamentari (memori forse di quel sindacalista francese che sentenziò: «Sono il loro capo, perciò li seguo»). Alcuni più acciaccati di altri. Altri meno. Altri ancora per nulla. Ma questo è un bilancio che qui, oggi, non interessa fare. Questo è davvero un bel giorno per l’Italia, grazie al Parlamento e al nostro Presidente.

TUTTI GLI APPROFONDIMENTI DI AVVENIRE SUL QUIRINALE

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI