mercoledì 18 maggio 2016
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Caro direttore quando leggo i giornali cosiddetti laici che commentano in fatti della Chiesa mi chiedo: ma che Chiesa hanno in mente certi giornalisti? Prendono le parole di Papa Francesco e spesso le commentano buttando farina (per non scrivere quello che volevo scrivere) sulla Chiesa prima del marzo 2013. Io conosco una Chiesa anche di vescovi sacerdoti, suore che non hanno mai gozzovigliato – e per fortuna – e che sono sempre stati attenti, per quanto è possibile a noi «esiliati in questa valle di lacrime», al Vangelo. Ripeto senza grandi ostentazioni. Perché, direttore, la Chiesa pre-Bergoglio viene descritta in maniera molto distorta?
 
Marco Sostegni - Vinci
Perché si distorce (quasi) sistematicamente la realtà della Chiesa? Perché s’inforcano occhiali storti, caro amico. Perché i cristiani sono esseri umani, non angeli, e dunque sbagliano anche loro. E perché qualche volta, a forza di sbagli, alcuni di noi se la sono proprio cercata. Ma soprattutto perché sta scritto «diranno ogni sorta di male contro di voi». E che per questa via ci si fa «beati». Fa male, è vero, sentirsi “male-dire”. Ma può consolare il pensiero che non è certo un giudizio da fine del mondo quello che si consuma attraverso i titoli di giornale... Il vero rischio è che il male non sia detto contro i cattolici per il fatto che essi vivono dando scandalo al mondo a causa di Cristo, cioè dimostrando di accogliersi e amarsi gli uni gli altri con lo stesso amore del Figlio e testimoniando la salvezza che germina da questo incontro che cambia la vita delle persone e la faccia delle società. Il vero rischio è, insomma, che il male sia detto per altre cause, che non sono Cristo. Da questo bisogna sapersi guardare, ricorda da sempre la Chiesa a se stessa e, oggi, papa Francesco ai sacerdoti e a noi tutti. Io, come lei, continuo ad apprenderlo dentro comunità cristiane che l’hanno imparato e non lo dimenticano, l’ho appreso da «vescovi, sacerdoti e suore» che vivono «senza grandi ostentazioni» in povertà e fedeltà, usando poveramente di tutto, e nel nome di Dio servendo tutti. Li incontro, li conosco e voglio loro bene, e assieme a lei ancora una volta, qui, li ringrazio. Anche di sopportare le «distorsioni» di qualche collega cronista.
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