sabato 1 novembre 2014
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Nel 2014, nella maggiore economia del mondo, gli Stati Uniti, le donne che lavorano sono meno pagate dei colleghi uomini, faticano a ottenere periodi di aspettativa per curare i figli o un genitore malato, sono ancora discriminate se aspettano un bambino, possono essere licenziate se prendono troppe pause dal lavoro per ragioni familiari. A ricordarlo, denunciando l’intollerabile discriminazione, è Barack Obama: la disoccupazione è tornata sotto il 6% ma «in America non ci possono essere cittadini e lavoratori di seconda classe», ha detto il presidente Usa rivolgendosi alle donne.
Molti hanno letto l’intervento come un modo per ingraziarsi l’elettorato femminile a pochi giorni dal voto di midterm. Ma la chiave politica nulla toglie al significato del discorso. Nel mondo del lavoro, le donne continuano a viaggiare "in seconda classe", ovunque si trovino. Lo conferma la classifica sulla "disparità di genere" del World Economic Forum, diffusa pochi giorni fa, che vede primeggiare i Paesi del Nord Europa, con gli Usa al 20° posto su 142 e l’Italia al 69°, ma tra gli ultimi (129° posto) per differenza salariale. In Europa le donne guadagnano in media il 30% in meno degli uomini, e le ragioni sono molte e note. Dipendono dai pregiudizi, ma soprattutto da un dato naturale incontrovertibile: le donne possono fare figli e possono voler stare con loro il tempo che serve. E questo continua a rappresentare un problema per larga parte della cultura aziendale.
Aver parlato di maternità, dunque di conciliazione, di «difesa delle donne incinte», e non solo di gap retributivo o di carriera, è un merito per Obama, che in questo sembra distinguersi da molti leader e opinionisti europei, purtroppo anche donne. È emblematico che l’appello giunga dallo stesso Paese in cui due aziende al top del politicamente corretto, Apple e Facebook, hanno annunciato che regaleranno il congelamento dei gameti alle dipendenti interessate a fare carriera e rinviare la maternità. L’America, in vari modi, ci ricorda che c’è molta strada da fare per imparare a non discriminare le donne, concedendo loro la libertà di restare donne. Una sfida per le aziende che oggi fanno a gara nel dirsi friendly, aperte e amichevoli verso bisogni emergenti, come per i sindacati in cerca di "nuovi" diritti da rappresentare.
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