Gli studenti con disabilità che frequentano le scuole italiane sono 338mila, il 4,1% degli iscritti - Icp / Freepik Company S.L.
Da sabato scorso tre redazioni: l’agenzia angelipress.com, la radio con la “Sfida della Solidarietà” e la televisione con il format “O Anche No”, sono tempestate da lettere colme di indignazione perché qualcuno ha pensato e (ancora più grave) dichiarato pubblicamente, che sarebbe auspicabile ripristinare nelle scuole le classi separate. Le “classi degli asini”, come dal titolo della bella fiction interpretata dal mio amico Flavio Insinna. Qualcuno si è chiesto se fossero tornati i barbari; semplicemente io credo che i suddetti barbari abbiano necessità di ricevere una istruzione in merito, perciò provvedo.
La ventunesima regione italiana si chiama “Disabilità”, ma per numero e misura potrebbe essere addirittura più grande della Sicilia. Il 10% degli abitanti del nostro Paese vive una qualche forma di disabilità; di questi, 3 milioni sono considerati gravi. Gli studenti con disabilità che frequentano le scuole (nell’anno scolastico 2022-23) sono 338mila: pari al 4,1% degli iscritti, 21mila in più rispetto all’anno precedente. Per loro la scuola rappresenta la più importante occasione di socializzazione, anche se il 27% degli istituti italiani non dispone di un numero sufficiente di postazioni informatiche adattate. Il 40% degli istituti ha barriere architettoniche e gli insegnanti di sostegno, che sono peraltro aumentati quest’anno del 10%, ancora oggi, nonostante il rapporto alunno-insegnante sia pari all’1,6%, non possiedono – per il 30% – una formazione specifica. Un altro punto dolente è la discontinuità nel rapporto alunno-insegnante di sostegno.
Le famiglie italiane, che sono composte da circa 7 milioni di eroi invisibili in attesa di diritti (come fotografati dall’Istat), sono i protagonisti di questa battaglia quotidiana.
Ma se un dolore costante, e senza fine, non bastasse per rendere queste donne, le madri, e questi uomini, i padri, prigionieri della propria condizione, ora avviene che qualcuno si esercita nel tiranneggiarli proponendo un ritorno indietro nei diritti che, andando di questo passo, ci farebbe tornare alla Rupe Tarpea.
Seneca in “De Ira” scrive: «Soffochiamo i feti mostruosi e pure i nostri figli se nati minorati e anormali, li anneghiamo. Ma non è ira, è ragione separare gli essere inutili da quelli sani».
La lunga marcia della Terza Nazione del mondo, dopo India e Cina, (infatti i disabili sono nel pianeta più di 650 milioni, ossia il 10% della popolazione globale), è proseguita in modo inarrestabile dallo scorso secolo fino a conquistare diritti che sembravano impossibili anche solo da immaginare come l’istruzione, il lavoro, lo sport, le relazioni affettive e per, noi che crediamo, il diritto a esercitare la propria appartenenza ad una religione. La Chiesa cattolica oggi accorda alle persone con disabilità mentale la possibilità di godere dei sacramenti, tutti. Ed è stato un lungo percorso che ci emoziona e commuove ogni volta che lo viviamo insieme con loro.
Il viaggio della Terza Nazione del mondo ha subito uno stop spaventoso nel 1939 con i campi di sterminio e il programma dell’eutanasia nazista, e non dobbiamo mai dimenticare che le prove generali della Shoah furono fatte su bambine e bambini colpevoli solo di essere diversi. Il grande cambiamento, la grande rivoluzione, è incentrata proprio sulla concezione della diversità come ricchezza, tante diversità che necessitano di divenire patrimonio comune, che tutto trasformano e tutti migliorano.
In Italia questo avvenne proprio a partire dalla scuola nel 1977 e dobbiamo essere orgogliosi di ricordare come il nostro Paese fu il primo al mondo ad abolire le scuole speciali che qualcuno, probabilmente convinto di essere tornato nel 1939, vuole ripristinare.
Fino a qui la lezione per la “classe degli asini”, l’unica esistente.
Queste poche righe vogliono infine dire grazie, grazie alle famiglie, grazie agli insegnanti, grazie ai politici illuminati (ebbene sì, ci sono, esistono!), grazie agli uomini di cultura, ai medici, agli intellettuali, grazie ai primi veri insegnanti: le bambine e i bambini con disabilità, i cui nomi andrebbero scolpiti nella pietra, come sono scolpiti nel cuore delle famiglie italiane che sapranno come rendere virale il potenziale di cambiamento positivo che questo mondo ci propone ogni giorno.
Gli italiani sono migliori di alcuni di coloro che li governano.
*Direttore angelipress.com